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lunedì 9 gennaio 2012

Repost: Piccola sega mentale con risvolti autobiografico-poetici / 15-10-2006

E' una quieta notte bolognese, ed io non riesco a prendere sonno.
è un quieto sabato sera bolognese, a dire la verità, e sono qui a passare la notte insonne mentre potrei uscire tranquillamente e andare per locali.
Non è così facile, purtroppo; sono raffreddato da morire e il minimo spiffero mi sembra una staffilata d'aria fredda nel cuore. Rendo bene l'idea?
Come potete ben capire, quindi, preferisco non uscire (nonostante le meravigliose offerte della "notte brava" di Bologna) e rilassarmi tranquillamente scrivendo un po'.
A volte mi chiedo cosa mi spinga a scrivere, e più ci penso più la vedo come una cosa innata, spontanea, ramificata in me al punto da non riuscire più a potermene staccare.
Diciamo che sono una specie di maniaco della scrittura; intendo maniaco nel senso greco del termine, nel senso di "profondamente attaccato" (in effetti il significato non è precisamente questo, ma grossolanamente diciamo di si). Mi sono fatto un'idea, anche se vaga, di questo perchè: probabilmente ho cominciato a scrivere perchè mi sono accorto che in questo modo potevo semplificare notevolmente il problema della comunicazione.
Non sono mai stato bravo a comunicare di persona, per colpa di una delle più brutte malattie del mondo: la timidezza, o, per meglio dire, la paura degli altri. timidezza è solo un'eufemismo che indica i sintomi esteriori della paura degli altri, che ha radici più profonde del semplice "non riuscire ad esprimersi in pubblico".
Diciamo che sono nato pauroso: da bambino avevo paura del buio, e dopo non sono riuscito a frenare quella di essere aggredito dagli altri: solo grazie all'aiuto paziente di alcuni miei amici sono riuscito a superare, e solo con loro, questa barriera; mi è rimasta addosso, però, una sorta di diffidenza naturale che mi spinge a cercare in ogni situazione un posto dove possa starmene per conto mio, da solo, senza che nessuno mi disturbi. Poi è arrivata l'adolescenza, l'età in cui certi problemi o vengono sconfitti o restano, cicatrizzati, per sempre.
Io, purtroppo, credo di appartenere alla seconda, sfortunatissima categoria, soprattutto per quel mio vizio di studiare che mi ha ridotto in poco tempo alla figura del "secchione". ancora oggi fatico a togliermi di dosso quella fastidiosissima etichetta, che è stata un'invenzione dei miei compagni delle scuole medie, che non credo perdonerò mai sotto questo punto di vista.
Ero solo, completamente,  ma avevo quel grosso problema, comune a tutti gli uomini, che è la loro croce e delizia: quello di voler essere felice. Ahiahiahi!!! Come fare allora???
il grosso muro della "timidezza" (ma si, chiamiamola così, "paura degli altri" è troppo lungo...) mi stava davanti, solido e impetuoso; mi serviva un altro metodo di comunicazione, e mi arrivò così, come un lampo, l'idea della scrittura.
A dire la verità, non è che un giorno, seduto sotto l'albero, ebbi una mela in testa: fu più
che altro dovuto all'infatuamento per la poesia di un certo Francesco Petrarca.
Sull'antologia delle medie lessi un suo sonetto, del quale adesso non ricordo il titolo, che parlava di come lui, nonostante sfuggisse all'amore, quello lo perseguitasse; seppure lontanissimo da qualunque persona, l'amore continuava a seguirlo.
Mi rimase impressa un'immagine del sonetto, quella in cui lui dice di camminare e di lasciare le impronte sulla sabbia; non so cosa mi successe allora.
Dopo sei anni, ancora non mi so spiegare cosa cavolo successe in quel momento; so solo che quel verso mi rievocò precisissima l'immagine delle impronte di un uomo sulla sabbia, e che me ne stupii tantissimo, come se qualcuno mi avesse fatto vedere una fotografia; fu allora che mi venne in mente che uno che riusciva a fare quella cosa (a descrivere così bene qualcosa da farlo venire in mente meglio di una fotografia) doveva essere un grande, uno che aveva capito qualcosa della vita.
Avevo scoperto la poesia.
Non mi venne da subito l'idea di imitarlo, però; solo quando la prof d'italiano ci diede, come compito, quello di scrivere una poesia mi misi a farlo e scoprii con sgomento che mi era venuta bene!!!
Ad essere sinceri non è che fosse chissà che cosa, era "Autunno", quella che ho messo sul blog un po' di tempo fa, e che parlava di foglie morte e di due innamoratini, niente di che.
Lì per lì, però, mi sembrò grandiosa, stupefacente, straordinaria: insomma, qualcosa che non poteva essere stato fatto da me, che non ero capace di parlare con i miei compagni di classe!!!
poi capii che in realtà la scrittura poteva essere la mia ancora di salvezza: ancora oggi non so cosa ne sarebbe stato di me se non avessi cominciato a scrivere quelle cacatine di poesie della terza media.
Le odio con tutto il cuore perchè sono stupide, banali, false, eppure le amo perchè sono state il primo passo per uscire dal buio. come un fiammifero acceso nella notte, mi servirono per intravedere le ombre di quello che mi stava intorno, delle persone, della natura, dei sentimenti eccetera.
a poco a poco cominciai a dare sfogo a tutto quello che avevo dentro e che non riuscivo a dire a voce, e riuscii a vedere meglio, come se quel fiammifero fosse diventato una torcia, e poi un faro; cominciai anche a capire che comunicare non era così difficile.
Ho seguito il percorso di un bambino che, messo davanti ad un problema, non riesce a risolverlo tutto d'un colpo, ma, se messo davanti allo stesso problema affrontato poco per volta, lo risolve e si trova davanti il prodotto finito come se a farlo fosse stato qualcun altro.
In pratica, come dicevo, scrivendo non avevo fatto altro che semplificare il problema della comunicazione: la scrittura, infatti, non ha bisogno di un interlocutore immediato, però
lo presuppone, quindi io avevo imparato a parlare agli altri senza averli davanti, ed avevo scoperto che trovare le parole giuste per dire qualcosa non era così difficile come sembrava; certo, mancava l'interlocutore reale, ma questo problema lo si sarebbe affrontato più tardi.
ora, il problema vero era che quel "più tardi", secondo le mie intenzioni, veniva rimandato indefinitamente...
ma questa è un'altra storia, fatta di giessini e di scout, di Nicola Zunino come di Giulio Pelaggi, e affrontarla adesso significherebbe scrivere un'autobiografia... come se non lo avessi già fatto abbastanza stanotte.
So di annoiarvi con i miei ricordi "vittimistici", ma sono fatto così, ogni tanto giro il coltello nella piaga per controllare se si sia rimarginata. ad oggi, devo informarvi purtroppo che no, non si è rimarginata, ma non dispero; ho tempo, posso aspettare.
Non ho ancora sonno, però; credo proprio che vi sparerò una bella poesiaccia, così, tanto per annoiarvi a morte, definitivamente.
No, ho cambiato idea, vi dedico una delle mie cose meglio riuscite, per quanto "meno spontanea" delle altre perchè scritta in rima, e questo richiede un attimo di ragionamento prima della scrittura; è dedicata, come pure la successiva, alla campagna materana e alla sua bellezza.

IL CANTO

 Quel campo di grano, biondo come l’oro
con le spighe sottili che ondeggiano al vento
e quella collina erbosa, che nasconde un tesoro
immensamente grande, lo sento,

 ora sono come vivi, aspettano un segno
con cui pian piano cominceranno a cantare
un canto dolcissimo, con il leggero sostegno
del vento che mormora come le onde del mare.

 Ecco: la madre terra, quasi come in pegno
dona a Dio la sua voce e inizia a intonare
una nota e poi cento, un patto, un impegno
per Colui che ha creato e continua a creare.

 Che meraviglia immensa, che immenso disegno
è questa vita, così bella e grande che non può finire
e io la tengo qui nel cuore, che pure è un segno
dell’infinito che ci aspetta e non si può capire.


 Mi piace tantissimo, la adoro semplicemente; la mia intenzione era quella di scrivere una poesia che si prestasse alla recitazione, modulata, senza scarti, che avesse una ritmica insomma; credo di esserci riuscito, anche se forse è un po' infantile. non mi interessa, però; ogni volta che me la trovo davanti la leggo ad alta voce, e l'effetto è così dolce che non posso fare a meno di sentirmi le lacrime agli occhi. Anche la successiva è in rima, in effetti sono le uniche due che abbia scritto così, perchè mi sono reso conto che è davvero difficile!!!

 QUELLA STRADINA

 Quella stradina sinuosa nel paesaggio
che percorro quando la campagna è afosa
è sempre fiorita, ora che è maggio
e sui muri cresce la regina spinosa;

io la seguo fedele in ogni curva e salto
finché mi porta presso un campo incolto
dove un noce secco ancora svetta alto
ancora sicuro e forte, vicino al bosco folto.

 Adesso costeggia una casa, abbandonata,
un tempo fastosa, con un grande giardino;
poi continua nella pianura sterminata
mentre guardo intorno e continuo il cammino.

Ma la strada ben presto finisce e si perde
tra i campi ove passa il vento sottile,
ed io, silenzioso, rimango nel verde

sentendo il fruscio di un vecchio vinile:
è il vento che passa tra l’erba ed i fiori
e che continua a suonare una melodia sottile.

 Ma devo tornare indietro, e respiro gli odori
che riempiono l’aria, trasparenti come vetro,
adesso, però, non ho rimpianti né dolori.


 Bella eh? un po' mi dispice di non essere riuscito a scrivere più cose in rima, ma cosa ci volete fare? non è che non ci abbia provato, ma non mi sono riuscite così bene, e allora ho lasciato perdere; quando non si ha niente da dire, è meglio stare zitti.
Provate a seguire il mio consiglio: sceglietene una e leggetela ad alta voce, poi ditemi; se sarò riuscito a farvi venire in mente una melodia, una qualsiasi melodia per quanto stupida possa essere, sarò riuscito nel mio intento.
Beh, mi sembra proprio il caso di darvi la buonanotte, sono le tre e comincio a"schinicchiare" (ehehe...) un po'.

 Buonanotte a tutti, a quelli che di notte si divertono,
a quelli che pensano a come ammazzare il tempo;
buonanotte a chi già da un pezzo dorme, e a chi non lo farà
fino a domani sera, a chi dorme pensando a me
e a chi dorme pensando a chi è con me,
a chi invece ha qualcuno di più importante a cui pensare,
a chi sta costruendo il futuro anche senza saperlo e forse senza volerlo,
a chi si impegna a non distruggere il passato,
a chi semplicemente fa volare la mente nello sterminato Regno di Fantàsia,
a chi di notte uccide orchi e draghi su internet,
a chi s'addormenta pregando e a chi invece lo fa bestemmiando
a quelli che hanno il blu in testa, e a chi invece in testa ha il Blues,
a chi sogna di camminare con lo zaino in spalla tra gente sconosciuta
e a chi con quella gente c'è già stato,
a chi adesso, di nascosto, sta amando e non lo dirà a nessuno,
e a chi invece non lo farà davvero e lo dirà a tutti, ma proprio tutti;
a chi, con l'anima sporca e lercia, amando scopre invece di potersi salvare,
e porterà col suo sorriso forse un raggio di luce nella vita degli altri,
buonanotte a chi si sta svestendo per la prima volta,
e a chi per la prima volta scopre di volerlo fare non solo per il sesso;
a chi chiude per la prima volta gli occhi, dopo l'immensa fatica del nascere,
e a chi li chiuderà per l'ultima volta, per una nascita forse non meno difficile.
E buonanotte e sogni d'oro a tutti quelli che, in qualche maniera,
con i pretesti più assurdi, con il cicchiere d'acqua in mano,
aprendo la porta del bagno, con le ciabatte in mano e in punta di piedi,
perchè si sentivano soli o perchè volevano dire ancora qualcosa su questa giornata,
si sono alzati, levandosi dal sonno o senza aver ancora dormito,
sono andati ad una finestra (non importa quale, piccola
o grande, stretta o larga, in cucina o in bagno, nella stanzetta)
scostando la tendina, o aprendo le persiane, o alzando la tapparella,
hanno sospirato piano e hanno guardato le stelle e la luna, o le nubi che le coprono,
il cielo e il suo silenzio, cercato il suo senso
e celebrato la poesia della notte, e della sua luce.

Buonanotte a tutti voi.

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