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giovedì 21 giugno 2012

Post qualunque 3

Credo che tutto sommato io sopravviverò. La tesi in fin dei conti si avvia alla fine, poi ci sono le vacanze (delle luuuunghe vacanze), poi mi rimetterò a scrivere e sono fiducioso sul fatto che concluderò qualcosa entro l'anno.

Quello che mi chiedo è se ce la farà questo Paese, questa generazione trattata in modo infame: nel migliore dei casi siamo bamboccioni che non vogliono essere flessibili (concetto che mi fa davvero ridere perchè sottintende il "piegarsi" e onestamente non riesco a trattenere i doppi sensi), perché flessibile è bello, è più meglio, è più salvaguardioso della Grande Economia Mondialnazionale eccetera; persone che, mannaggiavediunpo', sono così ottuse che vogliono a tutti i costi una pensione prima di essere completamente rovinati dall'artrite e dalla demenza senile (che razza di senso ha una vecchiaia che comincia quando non sei più autosufficiente?) e così stronze - chiamiamo le cose con il loro nome! - che vogliono un lavoro con un minimo di continuità, così da permettere loro di approfondire le tematiche ad esso legate, di farsi una famiglia magari, di sentirsi un po' più sicuri.

Ma al di là della generazione - non venitemi a dire che tanto ogni generazione la pensa così: non è proprio per niente vero. Ci sono state generazioni che sentivano su di sè la fiducia delle passate e delle future, noi ci sentiamo sfiduciati da entrambe, dalle prime perché peseremo su di loro, dalle seconde perché non saremo capaci di mantenerle -, mi chiedo che cazzarola ne sarà dell'Italia.

Se la risposta che avete in mente è "tanto ce la siamo sempre cavati", per favore, non ditela. Si, è vero che ce la caveremo in ogni caso. Non è che ci possiamo sterminare. ci impoveriremo, faremo chissà che, ma in ogni caso - come abbiamo sempre fatto - sopravviveremo. Certo che continueremo ad esistere: ci sarà sempre qualcuno di buona volontà che ci salverà per il rotto della cuffia, che ci darà qualche spicciolo nella ciotola, come stanno facendo per la Grecia. Il FMI, i titoli di Stato, gli eurobond, qualcosa ci salverà sicuramente.

Ma non siamo stanchi di farci soccorrere pietosamente, ogni volta, da sempre, da circa millecinquecento anni? E senza andare troppo in là con le epoche: da sessant'anni? Abbiamo delle responsabilità, come esseri umani. Ci siamo assicurati la sopravvivenza per troppo tempo, rubandola agli altri. Credo che dovremmo cominciare a garantire noi per gli altri, per quelli che abbiamo contribuito a sfruttare o a far sfruttare con il nostro complice silenzio. La dobbiamo smettere di chiedere aiuto: dobbiamo cominciare a darlo.

E per farlo, dobbiamo smetterla di essere un paese dipendente e avere una nostra politica economica, una politica che valorizzi le nostre specificità, che punti sulla cultura e sulla ricerca. Altro che FIAT.
Badate bene, non sono nazionalista o autarchico, me ne strafrego dell'Italia intesa come "confini che di qua sono Italiano e di là non lo sono", e si, l'autarchia è una stronzata immane. Per me l'unico futuro possibile sono gli Stati Uniti d'Europa, e prima li realizziamo meglio è. Sto solo dicendo che la dobbiamo smettere di perseguire obiettivi che non ci portano a nessuna parte e concentrarci su quelli che, per la nostra storia, per il nostro territorio, ci portano risultati. E che diamine.

Sto chiedendo troppo? Certo che si. È sicuramente troppo, per la classe dirigente che ci troviamo (non "politica" ma "dirigente": parlo anche di primari, direttori di ogni sorta, presidi scolastici, etc etc etc)... ma se solo ci mettessimo noi, a governare, noi gente che capiamo almeno più o meno le cose che dovremmo governare, noi gente che anche se ci sbagliamo cerchiamo di rimediare, ci mettiamo la faccia, ci dimettiamo, facciamo corsi di formazione, studiamo per migliorarci... noi gente che non pretendiamo di cambiare il mondo con un clic, ma neanche con un voto dato alla cieca da partiti che si scelgono i loro deputati (che vergogna, che porcata, non è possibile)... insomma, se solo riuscissimo a metterci qualche persona competente e onesta ai posti di comando... non dico che il mondo sarebbe bello dal giorno dopo, ma dai, che cavolo, almeno ci sarebbe la soddisfazione di dire "cavolo, ora ci possiamo provare davvero, perchè questo qua che comanda non è uno che se ne fotte altamente di quello su cui sta comandando, ma che se ne interessa..."

Invece, quello che vedo va sempre nella direzione opposta. E sono diventato così abbruttito dal pessimismo che anche se vedo segnali positivi non ci credo...

Vabbè, vado a farmi una doccia, con questo caldo. Che poi si ragiona meglio. Anche se a pensarci bene sarebbe meglio che la smettessi di ragionare, che se no m'incazzo solo di più. Ma ho bisogno di ragionare per scrivere la tesi. Quindi penso che mi farò la doccia. Anche perché puzzo. Mi sembra una motivazione più che ragionevole.


Alla prossima
Grillo Sognatore

domenica 17 giugno 2012

Up patriots to arms!

La musica di Franco Battiato mi ha sempre affascinato, più che emozionato; vale a dire che di solito non mi affeziono alle sue canzoni, le ammiro piuttosto come dei bei quadri "di maniera", perfetti nello stile, ma un po' freddini.
Mi piace il suo modo di pensare e affrontare la musica, il fatto che sia sempre del pensiero dietro, della filosofia addirittura; diciamo che se mi capita di ascoltarlo, non dico mai di no, perchè posso sempre imparare qualcosa dalle sue canzoni.

Certe volte, però, con certi brani, ho provato un autentico brivido. Spesso si è trattato di cover (non mi appassiona particolarmente la voce di Battiato, come quella di Battisti: per carità, ottimi autori, ottimi compositori, ma vocalmente... Battisti lo ascolto preferibilmente tramite Mina), come mi capitò durante i fervori adolescenziali con Voglio vederti danzare rifatta da Prezioso... lo so, col senno di poi, una mezza cagata, ma all'epoca mi rivoluzionò la testa. Per me la dance erano gli Eiffel 65 e basta, i Paps 'n Skar e robe del genere... French affair e simili... insomma, niente di intellettuale. Quando sentii quel remix, i miei neuroni, solleticati, fecero boom! Poi ovviamente ho apprezzato anche l'originale. Però resterò sempre affezionato al remix, mi dispiace.

Ma oggi in particolare, da stamattina, sono piantato su questo gioiellino, che non riesco a togliermi dalla testa.
Cosa succede quando i Subsonica incontrano Battiato? Succede che i patrioti si armano e cominciano a lottare, ecco cosa.



Non so perché non mi fa caricare il video della versione in studio e mi dà solo dei live... comunque, se al posto di quella musica sciacquerella di Mi fido di te, Veltroni avesse scelto questa come "colonna sonora" della scorsa campagna elettorale, il signor B. sarebbe storia vecchia.

Alla prossima
Grillo Sognatore

mercoledì 13 giugno 2012

Post qualunque 2: Gianni Celati, Georges Perec.

Come detto, mi serve far uscire delle cose che ho in testa, per poterle accantonare almeno provvisoriamente.
Anche se alla fine dei conti, non è che ne abbia tante: avendo smesso di fare qualunque altra cosa, sto studiando quasi tutto il giorno, a parte quando faccio le prove di teatro, quindi per fortuna quel brulicare tipo coltura di batteri, con le colonie che si formano perchè un gruppetto di batteri migra e si crea il suo bel centro urbano, ha rallentato moltissimo.
La mia attività cerebrale si sta stabilizzando. Ovviamente non è un bene, in assoluto, soprattutto perchè lo sto facendo forzatamente, quindi mi sento frustrato a mille. Ma, tenendomi in coma farmacologico, almeno riesco a pensare a poche cose alla volta. L'ideale sarebbe aumentare ancora un po' il dosaggio dei tranquillanti (virtuali eh! Non sono sotto farmaci davvero) e ridurre il flusso mentale fino ad una sola idea per volta, un solo pensiero elementare e semplice per volta, come in fila, in modo da pensarlo, scriverlo e passare al successivo.
Ci sto lavorando. Chissà che razza di risultato... mah...
Comunque ho capito perché questa tesi è così difficile da scrivere: perché non riesco davvero ad apprezzare questi romanzi su cui sto scrivendo. O meglio, c'è uno dei due autori che mi piace (Georges Perec), l'altro no (Celati). Intendiamoci, Celati è una brava persona, intelligente, ha in mente beato lui una specie di missione della letteratura, ha degli obiettivi, sfido gli altri scrittori ad avere almeno un decimo della sua onestà intellettuale; ma i suoi primi romanzi mi fanno proprio cagare, detto come va detto. Durante gli anni Settanta era un giovanotto spaccone che credeva di fare il rivoluzionarioncello della letteratura, e lo posso pure capire, tutto quel Sessantotto con la sua politicizzazione aveva scassato i maroni, ma cavolo, da qui a creare un personaggio come Guizzardi ce ne vuole... poi oddio, a leggerli ancora ancora ce la si può fare: in fondo, il lettore ha i suoi diritti sacrosanti, Pennac insegna. Può prendersi tutte le libertà che vuole, ed è giusto così: il laureando, purtroppo, non può. Deve rimanere neutrale, oggettivo, deve dare il giusto peso a quello che uno scrive. E il "giusto peso" spesso differisce dal gusto personale... come in questo caso. Quindi, come faccio ad analizzare la comicità (su quello si basa la tesi) di testi che non mi fanno ridere per niente? Qui sta il dramma. Stessi facendo una recensione direi: "Caro Sig. Celati, io lo vedo che lei si sforza di far ridere, di riprendere in mano la tradizione picaresca, i romanzi d'avventure, anche Pinocchio; le storie di Guizzardi sono effettivamente buffe, nel senso che sono bizzarre, surreali e sconclusionate; ma questo non mi strappa neanche una risata, ma neanche una piccolina. Casomai mi interessa da freddo intellettuale, mi dà qualche spunto di riflessione su come si possa rielaborare l'epica nel contemporaneo etc etc; mi dà un sentiero da percorrere, ma non è una pietra miliare. Appena ho finito di leggere i Parlamenti buffi, e soprattutto Le avventure di Guizzardi, ho avuto subito voglia di parlare delle stesse cose, ma assolutamente non in quella maniera, anzi evitando come la peste quello che lei ha fatto, perché quei tre romanzi mi hanno lasciato addosso un'angoscia di malfatto che non riesco a togliermi di dosso se non scrivendo a modo mio e per bene le stesse cose". Ora, sarò presuntuoso pure io, ma questa è la verità. Gli sperimentalismi mi sono sempre stati indigesti: io faccio un sacco di esperimenti, ma poi li butto e ne traggo il succo per poter scrivere seriamente. Gli esperimenti hanno un senso se ottieni un risultato; se no, meglio buttarli nel cestino. Dagli anni Ottanta in poi Celati ha scritto cose molto migliori, secondo me, e secondo me proprio perché ha smesso di voler essere pretenzioso e si è messo a guardare il mondo; e se uno legge i Costumi degli italiani, ci trova dentro la stessa bellezza di Guizzardi, la stessa freschezza, ma una forza totalmente nuova e una voglia di scrivere non più "barocca", che vuole soffocare il lettore, ma amichevole con lui, che gli dice: "facciamo un patto: io ti racconto una storia; se ci vuoi credere, sta a te".

Vabbé. Sto allargando il discorso. Una cosa del genere non la posso dire nella mia tesi, quindi tanto vale che non mi ci metto nemmeno a pensarla. Comunque Georges Perec era un grande proprio perché lui con la letteratura, fin da subito, si è messo d'impegno, e l'ha trattata come la sabbia che ti scorre tra le dita e tu cerchi di trattenerla mettendo l'altra mano sotto, e così via finché non ti rimangono che due granelli nel palmo che conservi in cassaforte, perchè sono quelli fortunati, quelli che non ti hanno voluto abbandonare. E le sue opere sono il flusso di quella sabbia che si travasa di mano in mano, e più si riduce più i singoli granelli risaltano e brillano, uno ad uno, e parlare e scrivere diventa parlare e scrivere di quelle briciole di realtà che ti sfavillano intorno. Su Celati invece, sul Celati dell'inizio, direi che ha voluto dire troppe cose, troppe cose troppo grandi, e le ha dette male; poi ha capito anche lui la lezione e poco alla volta sta cercando di metterla in pratica; ma da qui a raggiungere Perec... ce ne vorrà...

Bon, ora che mi sono sfogato abbastanza me ne vo.

Alla prossima
Grillo Sognatore

sabato 9 giugno 2012

Post qualunque 1

Mi sa che mi rimetterò a scrivere qui sopra. Dopotutto non è come essere sui social network, dove sei bombardato da un flusso di novità continue, che ti sevizia dolcemente, come una sfilata di vetrine in cui sei sempre tentato di dire "uuuh!Guarda qui! E qui! E questo cos'è? Non l'avevo mai visto!" o "beh si, l'avevo visto, ma perché non riguardarlo?".

E in questa immensità s'annega il pensier mio, e così facendo mi distraggo.
Badate bene: non sto facendo il solito discorso del "facebook è il Male, bisogna disiscriversi, tornare all'aria pura e incontaminata delle praterie, etc etc". Anzi, al contrario: devo ammettere che ultimamente i socials networks mi stanno dando un sacco di idee.
Dico solo che mi distraggono dalla tesi, proprio perché mi ficcano in testa un milione di cose diverse dall'unica alla quale dovrei consacrare le ore della mia giornata. È come se quando mi connettessi lì mi attaccassi un imbuto al cervello, da cui mi vengono riversati litri e litri di un cocktail di notizie, barzellette, informazioni, scambi di battute, eccetera. È un inglobamento di concetti inutili (non inutili in assoluto, ma solo in questo preciso momento della mia vita), che non mi fa finire i paragrafi che sto scrivendo, che mi fa venire in mente che potrei fare un collegamento con questo e questo e quest'altro... e così la tesi, anzichè concludersi, si apre e si apre ancora... ogni spunto mi sembra buono per aprire una parentesi... se vado avanti così, anzichè una, scriverò una ventina, o un centinaio di tesi.
Invece ne devo scrivere una, quindi niente social network.
Il blog, il diario, invece, sono tutt'altra cosa: sono un momento di "espulsione" delle idee, una secrezione, come se le sudassi via. Anziché qualcosa che mi viene messo nel cervello, è qualcosa che ne esce e mi libera, mi purifica un po'.
All'inizio ho provato a fare questa cosa con twitter: con il fatto degli hashtag è stato anche carino divertirmi a "classificare" i miei sfoghi, ma è davvero troppo limitante: mi uscivano fuori solo frasi generiche. E poi, siccome seguo vari siti di notizie, finiva che ci stavo dietro esattamente come facebook (unica consolazione, c'era meno cazzeggio e più informazione e cultura).

Allora, da oggi, inauguro la serie dei "post qualunque", di tipo diaristico, in cui scrivo né più né meno quello che mi pare senza troppo costrutto. Post di nessun interesse per nessuno ma che hanno il gran pregio di farmi sfogare in pubblico, il che mi fa sempre sentire meglio di quando mi sfogo da solo. Avere una platea virtualmente infinita (anche se mi leggono in due o tre) mi fa un gran bell'effetto placebo.

Alla prossima
Grillo Sognatore