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domenica 15 gennaio 2012

Repost: Vai col liscio / 15-06-2008

Un'altra poesia, anche questa nata da un'esperienza sconvolgente della quale sono riuscito ad esprimere si e no un decimo.
Ero in Viale della Nazioni Unite, vicino alla piscina, stavo salendo verso Serra Venerdì. avete presente, no? tutti gli alberi che fiancheggiano la strada, vicino al iceo classico. era ottobre, o novembre, adesso non ricordo, non fatevi ingannare dalla data sotto la poesia, perchè l'ho scritta su un foglietto e ho messo la data quando, molto tempo dopo, l'ho ritrovato in una taschina del portafoglio.
dunque, dicevamo, gli alberi, dalle foglie gialle e cadenti. pieno autunno, e luce a profusione, dappertutto, tantissima luce, un autunno caldissimo e limpido. c'era un silenzio inesprimibile, diverso da quello dell'altra volta: un silenzio fatto del tessuto di rumori della città, motori, vento, voci, ma lontane, e quelle vicine attutite. nessuno parlava forte, nessuna macchina strombazzava per strada, una quiete inimmaginabile. forse perchè era domenica e a quell'ora erano tutti a tavola, così almeno mi sono detto in testa per giustificare quello stato di grazia. ma c'era proprio bisogno di giustificarlo? c'era, e basta. o no? e con questo dubbio sono andato avanti, un passo dopo l'altro, lentamente. poi una parola mi ha attraversato, così improvvisa da farmi venire le lacrime agli occhi: umiltà.
Mi è sembrato che il mondo, in quel momento, avesse ritrovato una virtù da molto tempo smarrita, che tuttavia dovrebbe fondare la nostra vita: la consapevolezza di essere limitati e fallaci, e la volontà di ascoltare l'altro.
Umiltà. Una parola vuota, lo sto vedendo soprattutto nella politica di adesso. Perchè non riusciamo ad essere umili, semplici, disponibili?
Fateci caso: questa parola è stata bandita dal lessico pubblico degli ultimi tempi. si parla di necessità, di dovere, ma nessuno parla di farsi da parte, di ammettere i propri errori.
è un morbo terribile, questo, che prelude alla notte dello spirito. temo, purtroppo, che ci stiamo avvicinando ai tempi bui del razzismo e del settarismo, e che ben poco ci separa dal ritorno alla barbarie. Avremo un lungo periodo in cui poter riflettere sulla direzione che vogliamo far prendere al nostro Paese, e su quello che vogliamo essere, se cioè persone complete o semplici "utenti" di qualche servizio. perchè il problema dell'oggi è la frammentazione dell'Io, e non nel senso della schizofrenia o della doppia personalità, ma della separazione di noi stessi in diversi ambiti. diventiamo consumatori, elettori, lavoratori, ma raramente ci ritroviamo davanti allo specchio riconoscendoci. ma sto divagando; questo è un argomento troppo vasto e che c'entra poco con la poesia che vorrei postare.
dicevo, tutto mi è sembrato acquistare di colpo un'umiltà profondissima, di quelle che ti mettono di fronte all'universo intero, e zittirsi: avrei potuto sentire un sospiro
dall'altro lato della strada, credo. e difatti sentivo il mio respiro e il fruscio delle foglie, e tutto era bello, intenso, vero.

Silenzio

Non ho mai visto
un giallo così vero
una città così quieta
qui tutto invita al silenzio,
un umile silenzio
e al pensiero del vento.

Lunedì 6/12/05

Rileggendola, non posso fare a meno di pensare a quanto sia inadeguata la parola rispetto alla vita; e tuttavia può essere un incantesimo potentissimo. comunque, credo che per oggi possa bastare.

Alla prossima
Grillo Sognatore

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