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lunedì 9 gennaio 2012

Repost: Patria... e dintorni / 5-11-2007

Mi giungono a gran voce richieste di patriottismo.
In realtà potrei, per le spiegazioni date nel post precedente, astenermi dal fare "outing" del genere, ma sapete come sono i letterati, sotto sotto la loro la vogliono sempre dire; e infatti anch'io ho composto alcune poesie in cui, messa da parte per un po' la mia vocazione puramente "poetica", mi sono dedicato all'estetismo. Sarebbe a dire, in poche parole, che ogni tanto le mie idee escono fuori (perchè, diciamolo pure, è impossibile tenerle completamente per sè), e le trascrivo sotto forma di poesie più decisamente "estetiche", eleganti soprattutto nella forma, con richiami eruditi e roba simile, che compongo nel tempo libero.
Non è che siano brutte, semplicemente rappresentano rispetto all'idea di partenza una sorta di compromesso con l'immagine: qui l'evocazione e l'immaginario prendono il sopravvento, e un po' come D'Annunzio (che infatti ammiro come maestro letterario) mi lascio andare al puro gioco di suoni e visioni che il verso riesce ad evocare, temperato appena appena con un po' di idealismo e condito con immagini mitologiche e citazioni.
Anche questa è poesia, certo di tono minore, ma comunque bella da leggere ed ascoltare.

Metro: endecasillabi sciolti

Italia

Conosci ancora, Madre, su te i segni
che le mani pazienti lasciarono
di chi t’amò? Conservi forse ancora
nel profondo vestigia della gloria
che animò le membra tue, la fiamma
che ardeva nell'altera tua fiaccola?
Cammini tu ancora dentro le stanze
della tua grandezza, erede di Roma,
di antichi ricordi ricolme? Posi
uno sguardo, di rado, alle effigii
di chi tremendo ti rese indomita,
dominatrice di province? Forse
una lacrima scende dal tuo volto,
Donna senza più nome, quando pensi
ai tuoi aguzzini, a chi ti rovina,
se un giovane curvo di tanto in tanto
ti allieta ancora dolce coi suoi versi,
se canta ancora un canuto vegliardo
ritmando la tua vecchia lingua in versi
d'amore e di natura, se d'altrove
si muovono i tasti d’un pianoforte
a lodarti, vetusta beltà; piangi?
Tremano allora gli occhi tuoi di mare,
gli occhi cerulei che furon di Enea,
della Storia eterno lucente faro?
Tu misera genitrice di ognuno
già spargi cenere nelle tue case
morte di speranza, e piano intona
un requiem la schiera dei fedeli.
Così avvenne forse alla tua gemella,
la terra mitica d’Atlante: cadde
nel fondo del nero oblio, e di essa
non rimase che la leggenda. Pure
giunge forse questo nuovo secolo
a liberarti? Sfuma i tuoi confini,
ti riporta a ciò che eri: un’idea,
un comune sentire, non un luogo.
Tu non temere, mia bianca Signora,
del destino che t'attende: se un segno
tracciato sulla mappa t’assottiglia
non così la tua storia e il tuo valore;
ma sapranno i tuoi eredi donarti
un nuovo nome e nuova vita e linfa?
Così io spero; e intanto ti saluto,
dolce antica Regina senza regno,
bacio i piedi tuoi d’avorio, le palme
delle tue mani gentili, quel seno
tuo generoso con cui alti nutristi
i genii degli avi nostri; e distinguo
la linea dei tuoi passi allontanarsi,
la tenue scia che lasci sulla pietra.

Simpatica eh? Mi sono divertito parecchio a scriverla, e poi ha anche il pregio di esprimere una bella idea: che cioè l'immortalità l'Italia ce l'ha comunque assicurata, qualsiasi cosa succeda, e questo non tutte le nazioni possono affermarlo; il problema è se saremo in grado di assicurarle anche un futuro perchè si, va bene l'immortalità, ma è meglio averla da vivi che da morti in fondo, no?
E poi, se proprio non vi è piaciuta per niente, pensate almeno al tempo che ci ho perso per farla tutta di endecasillabi: non è stato facile!!!

Alla prossima
Grillo Sognatore

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