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lunedì 9 gennaio 2012

Repost: Poesie sparse

Avendo un po' di tempo, ho deciso di postare qualche poesia.
sarà che questa sera è un po' malinconica ed ho voglia di consolarmi, sarà che ultimamente ho ripreso a scrivere, ma voglio riversare una parte del fiume del mio inchiostro sul web, e voi, cari amici miei, ve lo beccherete in pieno.

L’ESTATE

La bicicletta scivola
sull’asfalto caldo
è pomeriggio tardo, le tre
o forse le quattro, non so
il tempo si confonde nell’aria
le cicale stridono
riempiono l’aria altrimenti vuota
il caldo è immenso, quasi assordante
vorrei poter conservare per sempre
l’estate sulla mia pelle.

Ah... che bellezza... ascoltando gli U2 ("Where the streets have no name") questa poesia mi sembra perfetta.
non per quello che dice, certo (che appena si intravede), ma per quello che mi ricorda.
parla, naturalmente, di un caldissimo pomeriggio d'estate sulla mia bicicletta. allora davvero mi sembrava che le strade non avessero nome, che fossi sperduto in un posto infinito senza strade nè piazze, senza città o capitali, solo spazio e nient'altro.
voi direte: "ma tu, scemotto, che cosa ci facevi in bici alle quattro di pomeriggio?" ebbene, la risposta è: "un bel niente".
stavo proprio facendo un giro, avevo il bisogno di stare fuori al caldo, piuttosto che dentro al caldo. se proprio devo soffrire, è meglio farlo con un bel paesaggio davanti, no? e poi sentivo la fine imminente dell'estate (era inizio settembre, quasi come oggi) e l'altrettanto
imminente ritorno a scuola. ma è meglio non soffermarci troppo su questo punto.
ecco, la prossima è una di quelle creature di cui vado veramente fiero: un "mottetto", un piccolo giudizio su un immortale maestro della poesia italiana, condensato in poche parole.

LEOPARDI

È un disincanto lirico
si avvicina a Dio
e se ne allontana
come un bambino scottato
da una fiamma troppo grande.

Eppure, se ci pensate, nella vita reale io sono tutt'altro che sintetico: questo mi riesce solo in poesia. Lì scelgo le parole, è come se entrassi nel mio personale "laboratorio" nel quale le normali regole grammaticali, stilistiche e sintattiche non valgono: una "zona franca"
nella quale tutto è permesso.
tutto, purchè sia sincero e parli della vita.
con "Leopardi" si chiude la mia terza raccolta di poesie, "La luna, la pioggia ed altre visioni".
si chiude qui perchè finisce un periodo stilistico, ed io me ne accorgo quando comincio a scrivere in maniera diversa.
da una fase legata, appunto, alla "visione", a qualcosa di irreale (le eccezioni non mancano, però questa era la regola), sono passato ad una "realistica": sono le cose reali che si caricano di valori simbolici , o arrivano ad essere fondamentali.
Il catalizzatore della mimesi è stata la mia città, il posto in cui vivo e che perciò è il più ricco di ricordi e di significati.
Matera, poi, è per sua natura più nascosta che visibile: quello che se ne vede in superficie è solo, come per un iceberg, un decimo se non di meno. è per questo che la mia raccolta successiva si intitola "Liriche cittadine": pezzi, scorci, frammenti di Matera che diventano universali.
Perchè la lirica è il sentimento dell'universale nel particolare, della comunanza di ogni cosa: in Matera, nei suoi abitanti, nelle sue parti, ho visto come attraverso una lente il mondo reale, passandolo al microscopio, scoprendone la struttura comune.
Certe volte mi sento davvero ridicolo a parlare di questi miei scarabocchi come di grandi
opere: le parole "raccolta", "fase", "significato", perfino "poesia" certe volte mi sembrano inadeguate. Manco parlassimo di Ungaretti!!! in fondo non sono che un blogger disgraziato che cerca di divertire un po' di malati della rete che per caso passano di qua (primi tra i quali i miei amici Giulio, Chiara, Manuel, Emanuele, Isapà e Maria Rosa).
Certe volte mi dò delle arie, vero? Per favore, pensateci voi a riportarmi alla realtà!
beh, per oggi basta, la prossima volta comincerò a deliziarvi con le mie liriche cittadine, la prima delle quali si intitola, non a caso, "Matera".

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