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domenica 15 gennaio 2012

Repost: [Apologo poetico] Dafne / 4-03-2009

Dafne

Dafne era generosa, amava il Tutto e il Tutto era in lei. e il suo amore, la sua fiducia, erano perfetti perchè infiniti e irradiati ad ogni cosa, da ogni cosa riflessi.
Dafne amava gli uomini e le piante, gli animali e i fiori, i fili d'erba e ogni piccolo corso d'acqua. Amava l'oceano, amava le nuvole, amava la pioggia, la neve, la grandine, il grano e la gramigna. Dafne era felice.
Ma Apollo la desiderava. E sotto i suoi sguardi Dafne si sentiva braccata. Lui voleva incanalare il suo amore solo nei suoi occhi, mentre lei lo considerava parte di ogni cosa e da amare come ogni cosa. Ma Apollo la voleva, e tentò di afferrarla, di imbrigliare la sua forza vitale. Dafne cercò di difendersi fuggendo, cercando rifugio nella sua amata terra, nell'amata acqua, nell'amata aria, ma nessun luogo era sicuro contro la violenza dello stupratore Apollo.
Apollo la raggiunse. Dafne era allo stremo. Negli occhi di lui ardeva l'insensata bramosia di chi considera poco la vita. La voleva lì e allora, per quello che le serviva, per quello che poteva dargli. Poi, l'avrebbe gettata via.
La raggiunse. E nel momento in cui la toccò, la uccise: Dafne, fresca, vitale, multiforme nel suo multiforme amore, si immobilizzò, il suo corpo rinsecchì, la sua anima restò prigioniera di un tronco duro e contorto. Viva, in un simulacro di vita; ma moriva per lei la possibilità di muoversi, di toccare le cose, di annusarle, di assaggiarle, per poterle meglio amare, per potersi abbandonare fiduciosa a loro. Era morta.
"Odierò per sempre chi mi ha costretta in questa forma, chi ha tolto il movimento alle mie gambe, alle mie braccia, chi mi ha costretto a nutrirmi della luce senza poter vedere, di bere acqua senza potermi depurare, di respirare senza poter vedere il mio fiato. Ti odierò per sempre, Apollo" disse, prima che la sua bocca si chiudesse nella rigidità della corteccia. "Terra, Madre, ascolta la mia ultima preghiera, esaudisci il desiderio della tua figlia sacrificata alla voluttà di un dio crudele: che chi si cingerà di queste fronde soffra per sempre il mio tormento, di sentire la bellezza di ogni cosa senza poterla esprimere; che i protetti di Apollo si sentano come me, intrappolati in una forma che non è la loro, in bilico tra se stessi e gli altri. Che sentano il dolore di essere soli tra la folla, soli in famiglia, soli tra gli amici. Che la Verità sia per loro un'eterna prigione".
Così disse, e tacque per sempre. Apollo, stordito, si ritrasse. Possibile che avesse detto davvero queste cose? Che avesse il potere di rendere doloroso il dono di un dio? No, davvero non poteva essere così.
Staccò un ramo dal fronzuto albero che gli si parava davanti e ne ammirò le venature del legno e lo splendore e il profumo delle foglie.
"Non è possibile che sia così".

Mercoledì 4 marzo, ore 20:19, Palazzo Paleotti.
C.P. Scripsit.

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