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domenica 15 gennaio 2012

Repost: Il bacio / 25-03-2010

Il bacio

Un’uggiosa giornata di febbraio. Piove. La voglia di vivere è così fioca, in questi giorni; emerge solo un indistinto desiderio di armonia, di quiete, di simbiosi con la pioggia che gocciola e gocciola senza fine.
Tutto sembra pioggia, evanescente, un po’ fatuo, un po’ inutile. Nelle strade grigie decine di quadratini rossi e gialli sfrecciano lasciandomi indifferente. Una coppia attraversa la strada davanti a me condividendo il mio percorso: giriamo a destra, lasciandoci alle spalle le vie caotiche. Lui è un po’ più alto, appoggia la sua testa su quella di lei, strofinandosi. Il silenzio è quasi totale, su tutto domina il gocciolio della pioggia; riesco a sentire i loro sussurri, vento nel vento. Lui le chiede come sta; lei sta male, ha litigato con la madre per un quattro in matematica, su  quelle derivate che non vogliono riuscire, la sua voce si smorza un po’. Sento che condividiamo la stessa malinconia: non te la prendere, questi momenti passano, e poi guarda chi ti è accanto!
Lui aspetta paziente che lei finisca di sfogarsi, sospira, aspetta ancora, lascia che il silenzio, denso di non-parole, di sguardi, di piccoli gesti delle mani del viso delle braccia li avvolga ancora, poi le dice: <<non te la prendere. Non sei fatta per questo; ci sono altre mille cose in cui sei maestra, per esempio l’Italiano. Conosci cose che io non sapevo nemmeno se esistessero, per esempio i versi di Foscolo, di Dante, di Leopardi; cose meravigliose, che toccano l’anima, molto più importanti delle derivate. E poi c’è una cosa che mi hai detto proprio tu, che va benissimo ora: mi dicesti che non importa vedere le cose piccole che facciamo ogni giorno, spinti
dalle circostanze, aspetta, come dicesti? Uhmmm…>>
<<il “contingente”>>.
<<ah si, mi ricordo: “non importa il contingente, ma il reale”. Tu vuoi bene a tua madre?>>
<<beh, si>>
<<e allora? Il resto non significa niente. Stasera torni a casa e se tutto va male fate pace domani mattina, se no già stasera starete ridendo come due ochette che sguazzano in un laghetto>>.
Lei ride sommessamente,un po’ di controvoglia, ma le è tornato il buonumore. Inizia a mugugnare una canzone che per le stonature non riesco a riconoscere, poi lui le si unisce cantando: è “Yesterday” dei Beatles.
Tra me e me anch’io la canticchio, continuando a camminare dietro a loro. Di fronte ad un semaforo rosso, anche se con la strada deserta, i due si fermano, ed anch’io, come ipnotizzato. La pioggia si calma e il silenzio diventa ampio, limpido. Lui mette il naso tra i capelli di lei, li annusa, poi dice: <<ti sei fatta lo shampoo>>.
<<si>>
<<Quello al cocco>>
<<si>>
<<lo sai che lo adoro>>
<<si, lo so>>
Lui le sfiora la guancia, poi le labbra con la bocca, poi il semaforo scatta verde e i due attraversano, con me dietro. La pioggia si quieta ancora. Sul marciapiedi le nostre strade si dividono: io vado a sinistra, loro a destra. Spiove, così come aveva cominciato, di colpo; torna a sprazzi il sereno, un tiepido sole pomeridiano rischiara la strada lucida. Come se niente fosse le auto, ora brillanti di tinte diverse, compaiono ad andatura lenta, misurata e si vedono al loro interno conducenti e passeggeri ridere e scherzare, ascoltare musica, parlare del più e del meno, mentre i tergicristalli battono i loro ultimi colpi. Mi fermo. Un piccolo miracolo si è svolto davanti a me; lo stupore mi blocca e resto per un po’ così, fermo, unico ad avere l’ombrello aperto sul marciapiede che si riempie di persone. Tutte le cose sono com’erano; ma niente è più lo stesso di prima.

Giovedì 23/02/2006

Un innocuo raccontino scritto qualche anno fa a scuola, mentre avrei dovuto seguire una lezione tipo chimica o inglese (di solito era durante una di queste due che scrivevo). Lo spunto è reale: il giorno prima avevo davvero assistito a questa simpatica scenetta (ovviamente senza il dialogo: non sono mica stato lì ad ascoltare che cosa si dicevano questi due! e poi in realtà non hanno parlato molto, sono passati subito ai fatti, se mi capite... ahahah), e il giorno dopo, sedimentandosi, zac! ha dato vita a questo racconto. Che poi in realtà definire racconto è una cosa grossa! Però insomma, ci siamo capiti.

Alla prossima
Grillo Sognatore

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