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domenica 15 gennaio 2012

Repost: Chiacchiere e poesia / 2-06-2008

Ho una poesia da farvi leggere.
La posto per due motivi: perchè avevo voglia di postare delle poesie e perchè è perfettamente azzeccata al mio stato d'animo, al periodo e al tempo che fa fuori.

Ultimamente mi piace scrivere sulla tastiera battendo i tasti come se fossero quellidi un pianoforte: vado a tempo della musica, scelgo le dita, faccio pause calcolate. E mi piace da matti.
E' un bisogno, anzi per meglio dire, una coscienza di musica nelle parole, coscienza nel senso che me ne sono accorto da poco.
Poco per modo di dire: sono alcuni anni... però mi sembra poco perchè non riesco a pensare alla mia vita senza questa coscienza che è anche un'esigenza, senza questa forma mentis che mi fa vedere le cose secondo la poesia.
Perchè poesia è musica nel testo. lo dicevano gli antichi: la parola "ode" significa "canto" e non a caso la poesia era accompagnata dalla musica.
Se potessi dare un titolo coerente a tutte le poesie che ho ma scritto, al di là delle enormi differenze d'ispirazione e di motivazione, sarebbe: "odi".
Ogni volta che ci penso sento un brivido: in ogni poesia, anche la più brutta e stupida, anche la più banale, ci ho messo dentro un frammento di musica, una melodia, un movimento; ed è questo che le rende "poesie", distinte dalla prosa: la prosa rileva il reale, i suoi ritmi, le sue dissonanze; la poesia ne cerca la musica nascosta, o ne aggiunge una.

Mi viene da pensare ad una frase detta da Giovanni Allevi al concerto: spiegando come aveva composto "Qui danza", raccontò che una sera era seduto sul marciapiedi e, guardando la vita intorno a lui, gli sembrò che ogni cosa conducesse una danza, che ogni cosa avesse un ritmo e che il suo movimento, la sua vita, lo seguisse.
Mi sono ritrovato perfettamente in questo concetto: la poesia è (non solo, ma anche) moto, fremito, danza equilibrata e ritmata, scandita dai battiti dl cuore: e non vi sembri questa una frase fatta e neo-romantica. io quando compongo seguo molto il battito del cuore, l'andamento delle sue pulsazioni: mi dà proprio il senso di cui ho parlato, il senso della musica nelle parole.

Quando, qualche anno fa, ero in macchina con il mio amico Nicola, di notte, con la città immersa nella nebbia, all'improvviso abbiamo scartato e siamo usciti dal traffico, svoltando nella vecchia piazza di Piccianello, dove c'era il mercato. C'era un silenzio bellissimo, umido, denso, pieno di cose inesprimibili. E io non sono riuscito, infatti, ad esprimerle.
Mi sono sentito come se io e Nicola fossimo gli ultimi due sopravvissuti di una catastrofe globale, gli ultimi rimasti sulla terra: ho preso male la curva e ho dovuto controsterzare con forza, facendo stridere leggermente l'asfalto bagnato. l'eco del rumore si è propagato, si è allargato, ha abbracciato il cielo ed è tornato a noi, dieci volte più forte, dieci volte più denso. e all'improvviso abbiamo taciuto anche noi, che fino ad allora avevamo continuato a scherzare.
Per cinque lunghissimi minuti (più o meno, non li ho cronometrati) siamo rimasti così, con il finestrino aperto per far entrare anche da noi la nebbia, per farci entrare nel sangue quel silenzio inaudito. e ho avuto la sensazione di essermi perso, di vagare in un labirinto infinito a forma di città, e ho pensato che se l'eco della mia voce mi fosse arrivato limpido come se fosse uscito dalla bocca non avrei saputo più chi sono, e forse sarei impazzito. ma è stato un pensiero fulmineo, che ha lasciato il posto poi a una meraviglia senza confini. ero pieno di nebbia, pieno di smarrimento, sull'orlo della confuzione assoluta; e questa sensazione non mi ha abbandonato per tutto il tempo che è durata questa nebbia, e anche ora che quella sera è solo un ricordo, resta vividissimo, come se mi si fosse marchiato a fuoco, lo stato in cui ero, tanto che mi sembra di riviverlo.

Di tutto questo, solo un decimillesimo è riuscito ad entrare nella piccola poesia che ho scritto, tanto che a leggerla mi sembra completamente inadeguata; tuttavia, non riesco a cambiarle nemmeno una lettera, tanto è per me quasi una reliquia, un talismano che conserva un'esperienza profondissima che, credo, mi ha cambiato. Comunque, eccovela qui.

Città deserta

C’è qualcuno, c’è qualcuno
per le strade?
La città è muta, deserta nel freddo nebbioso di mezzanotte;
in un mare di nebbia tutto galleggia senza tempo,
senza peso, solo un’auto stride con le ruote,
l’acuto echeggia sui palazzi indifferenti;
tutto è muto, sospettoso, in silenzio.

Martedì 8/11/05

Alla prossima
Grillo Sognatore

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