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domenica 15 gennaio 2012

Repost: La Verità e il Limbo / 13-02-2009

[Nota attuale: essendo ormai (spero) acqua passata la crisi del periodo di "Scapolo", mi sento libero di accorpare/accorciare questi vecchi post, anche perchè, con tutti gli omissis del caso, sembrava davvero di leggere un blog censurato.]

Quello di oggi è qualcosa che esula decisamente dai miei schemi, non perchè sia contrario in principio, ma perchè credo che rispondere al post di qualcuno con un altro post incasini la vita di chi, poveretto, per capire una cosa deve andare a leggere il blog di qualcun altro. per questo, nonostante molto spesso abbia avuto la tentazione di farlo, mi sono trattenuto per il bene dei "lettori". ma stavolta ho ritenuto giusto farlo perchè quello che Valeria ha scritto mi ha colpito molto, sia perchè conosco (o almeno credo) il retroscena, poi perchè, nonostante in un primo momento (quando me l'ha fatta leggere privatamente) l'abbia avversata, rileggendola adesso, in circostanze mutate, mi è sembrata di un'aderenza disarmante. e quindi è nata l'esigenza di commentarla in maniera più ampia che cn un semplice commento.
Una piccola considerazione, però: si tratta di un commento personale e basato sul mio vissuto, che quindi forse potrà stravolgere un po' le intenzioni dell'autrice. questo non lo so, a priori. ma ogni correzione è ben accetta.

Un altro passo ancora
la città avanza piena di luci
- sospese -
ho l'affanno di una corsa
ma in realtà sono qui
immobile
da tanto tempo.

Niente

può raggiungermi in questo limbo
che mi permette
di esistere

ma non di Vivere.

Vorrei almeno poter urlare.

E' terribile, ed ha i contorni dell'incubo, pur essendo reale. è la condizione di ognuno di noi quando il proprio spirito, potenzialmente infinito, bramoso di espandersi e crescere, che anela all'amore e alla condivisione, si scontra con piccole grettezze meschine, con i calcoli egoistici e cinici di chi ci sta a fianco e che svilisce il nostro
desiderio di arrivare alle stelle, di arrivare all'essenziale, all'universale.
Il contrasto tra ciò a cui aspiriamo e ciò che ci troviamo davanti ci blocca, ci paralizza, ci lascia senza fiato. ed è ancora peggio se prima abbiamo covato illusioni. "perchè? perchè non ti ho conosciuto subito? perchè di te ho costruito una maschera, bellissima ma falsa? perchè non sei come ti ho voluto?"
La verità si rivela misera: come trovarsi nel fango, quando ci si aspettava un lago limpido. E si rimane a lungo - è sempre un tempo infinito, anche se in realtà possono essere dieci minuti, o dieci secondi, o anche un solo secondo - in quel limbo, in quella lingua di terra tra l'ignoranza inconsapevole e l'ipocrisia. indietro non si può tornare. non resta che la strada della dissimulazione, oppure l'alternativa più estrema: il grido. ed è un grido che non necessariamente deve essere "urlato" in senso stretto.
può essere un accordo di pianoforte, o di chitarra, o una poesia, o ancora può essere un gesto. un gesto che nessuno intorno a te capisce, ma che per te è lo spezzare una catena che ormai ti stringe sempre più, fino a soffocarti.
E allora mi si chiederà perchè l'urlo è giusto e la finzione no. è semplice. perchè la finzione non fa male all'inizio, ma poco alla volta aumenta: quando hai fatto finta di non vedere per una volta, sei costretto a farlo per sempre, diventi complice. e piano piano questo ti consuma, e spezzare la catena diventa sempre più difficile. L'urlo no, l'urlo fa male subito, fa male tanto, ma poi sei libero, sei te stesso, non ti sporcherai le mani. Fa male perchè rinuncerai ad una persona a cui hai tenuto, ma non ne diventerai succube.
Inutile chiedersi se ci sono altre strade. non ce ne sono. la verità rende liberi, diceva Cristo.
vero in parte: la verità può rendere liberi. rende di sicuro liberi di scegliere, ma se essere davvero liberi tocca a noi. la verità può diventare la peggiore delle condanne. o la più straordinaria affermazione del proprio spirito. sta a noi.

Cosimo.

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