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lunedì 22 ottobre 2012

Aggiornamento 2, iper-rapido

Non scrivo più sul blog apparentemente perchè sto cercando lavoro.
Ma in realtà, se volete saperlo, è perchè evito di pensare a me stesso: da qualche settimana non sto riflettendo affatto su di me, sto accuratamente evitando l'argomento, mi riempio le giornate di cose da fare.
Il perchè è presto detto: ho paura del futuro. Non voglio pensare perchè pensare mi fa deprimere. Perciò mi sono preso un paio di settimane di pausa cervello.

Anche se scrivere mi manca tanto. È un bisogno fisico, non psicologico: quando ho il foglio vuoto da riempire mi si apre il mondo davanti. Ma devo trovare un lavoro o sarò sotto un ponte a scrivere, e non mi pare una bella cosa. Ergo, per ora il blog deve languire, e con lui l'applicazione della Regola.

Ma vi giuro, la prossima volta che scriverò sarà per cominciare a rifarlo davvero, non per dare un altro aggiornamento fasullo come questo.

Alla prossima
Grillo Sognatore

mercoledì 10 ottobre 2012

Aggiornamento velocissimo

Passata l'estate (la prima passata con Franca! Bellissima), ho cominciato la ricerca di un lavoro anche solo minimamente gratificante... che giungla questo mondo...

Ma non voglio parlare di questo. In realtà, non voglio parlare di niente in questo preciso momento. Solo dirvi che sono vivo e anzi più attivo che mai. Sto scrivendo ben 2 nuovi romanzi, e stavolta sono fiducioso che riuscirò a completare almeno una cosa fino alla fine dell'anno.

Altre news (compresa quella della "Regola", non vi preoccupate, non è sparita, anzi), a brevissimo davvero, nel giro di pochi giorni.

Grillo Sognatore

venerdì 27 luglio 2012

Un'idea pazza: quasi concretizzata

Le idee pazze mi vengono in continuazione.
Io sono uno che si nutre di sogni: senza di quelli, non vivrei. E più li faccio in grande, più mi fanno vivere, più mi danno respiro.
Se smettessi per un attimo solo di sognare, morirei, ne sono sicuro.

E, proprio perchè questo grande sogno che sto per cominciare lo farò "in grandissimo", lo sto organizzando per bene.

A prestissimo avrete mie sbalorditive notizie.

Alla prossima
Grillo Sognatore

giovedì 19 luglio 2012

Pazza, pazza, pazza idea. Da manicomio.

Laurea archiviata con 107/110, il massimo che potevo ottenere, e quindi vabbè.
Ora pubblico un post che era rimasto in bozze da circa un mese... l'ho scritto di getto e non voglio modificarlo perché... beh, lo capirete leggendolo.

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Un po' di tempo fa ho visto in tv il film Julie e Julia.
Ragazzi, mi ha illuminato. Non credevo fosse possibile una cosa del genere.
Non riuscivo a prendere sonno. Ho pensato che la protagonista di quel film era come me, bloccata nella sua vita. Doveva fare qualcosa. E l'ha fatto. Ha creato un blog dichiarando che avrebbe realizzato, in un anno, tutte le 400 e rotti ricette di un libro di cucina, e l'ha fatto. In quell'anno le succedono un sacco di cose e poi lei si ritrova più realizzata.
Ora, ovviamente non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello che una cosa del genere sia possibile nella realtà. Non il fare 400 ricette in un anno, la storia del blog o gli altri aspetti materiali. Voglio dire tutto il corollario moralistico del film: non è che se mi metto a fare un blog la gente mi comincia a stimare, divento famoso, poi mi pubblicano i libri. Non ci credo affatto.
Però mi è piaciuto il modo in cui la cosa veniva affrontata: e cioè che a un certo punto, se gli ingranaggi della tua vita smettono di girare, devi dare una scossa al sistema. Devi cambiare qualcosa.
Georges Perec (un esempio a caso, eh...) aveva molto presente questa cosa, la dimensione della "costrizione". Diceva che solo se uno è costretto, se ha una regola da seguire, produce qualcosa. Lasciare lo spirito vagare a caso non porta a niente.
Non sono molto d'accordo, nel senso che non è applicabile a me (adoro però chi lo fa, e non a caso la mia tesi è su Perec). Darmi una regola troppo rigida mi asfissia, mi fa venire la nausea, mi fa odiare quello che devo scrivere. È infatti il caso della mia tesi, ma non divaghiamo.

Anarchismo mio a parte, però, credo che la tesi di fondo di Perec (e del film) sia giusta. Se le cose non girano più, devo darmi una regola. Non importa che sia rigidissima, non importa che permei tutto quello che faccio. Una piccola regola che mi costringerà a fare qualcosa per il mio bene, qualcosa di produttivo (per quanto mi piaccia cucinare, e mi piace davvero, non scherzo, prima o poi ne parlerò anche qui, sono bravino in cucina).

Qual è l'unica cosa che mi possa fare davvero del bene e che possa essere davvero produttiva per il mio futuro?
La cultura, ecco cosa. Consolidare la mia cultura. Non è una questione "intellettualistica": è proprio che è una cosa che prima facevo con piacere e sempre, in continuazione, ce l'avevo come priorità nella vita. Da quando invece la mia priorità è diventata "finire in fretta gli studi per non rimanere tagliato dal mondo del lavoro perchè a 25 anni sono già vecchio" l'ho tralasciata completamente.
Me n'ero reso conto da un bel pezzo: gli unici romanzi o saggi che stavo leggendo erano per qualche esame. E avendo poi la testa piena di quelle cose finivo per non avere spazio per altro: la poesia, per esempio, o i gialli, i fantasy, ma anche quei bei romanzi ottocenteschi che sono la mia passione (ho avuto un periodo in cui vivevo in quell'epoca, è stato magnifico)... Dov'è finito il Cosimo che ha letto per tre volte di seguito I miserabili? E quello di Ossi di seppia? E quello che si leggeva i canti della Commedia che non c'erano nell'antologia, le Operette morali e che ha comprato il Decamerone mettendolo sul comodino? E Le ultime lettere di Jacopo Ortis, metà Molière, Balzac, Zola, Melville, Aristofane, Verga, Stendhal, Svevo, Swift, Rabelais... tutti in attesa, alcuni da anni, che hanno fatto il giro nelle mie varie case. Quel Cosimo è stato rinchiuso in un sotterraneo dall'Universitario che ha dovuto inforcare manuali su manuali per passare gli esami... e poi quando era in vacanza voleva smettere di pensare e così leggeva romanzetti scialbi o faceva cruciverba...

Ebbene, Julie e Julia ha risvegliato quel Cosimo, ha rotto la catena del sotterraneo. E lui ne è uscito fuori più affamato che mai. E ha dettato La Regola.

Fra qualche giorno vi dirò quello che ho pensato. Adesso meglio dormirci su. É un'idea così stramba che ho perfino paura di spiegarla.

giovedì 12 luglio 2012

Post qualunque 5: Delirio freudiano


Premessa: quello che leggerete è un vero e proprio delirio, come dice il titolo. Ho affastellato l'una sull'altra un milione di idee che mi giravano in testa, delle quali dovevo liberarmi per andare avanti nella realizzazione della tesi. Il succo è più o meno chiaro, abbastanza comprensibile. Poi c'è un certo numero di rivoletti secondari che da soli sarebbero spunto per svariate tesi, in varie discipline (letteratura francese, letterature comparate, teoria della letteratura, poesia del novecento, linguistica, filosofia di non so che tipo, psicologia, e forse anche sociologia), insomma: mi sembra che la mia mente si stia frantumando in tanti pezzi che se ne vanno in tante direzioni diverse, per cui avevo bisogno di ordinare almeno una parte di queste idee, sperando che non tornino a tormentarmi.
Chissà, magari fra qualche mese da questi spunti esce fuori un saggio carino.


Viene quasi da pensare che è nel sogno che Rimbaud aveva ragione. IO è un altro.
Non cessano di stupirmi le cosiddette “frasi poetiche”. Perché provocano uno sconvolgimento così grande, una suggestione così potente? Senza dubbio dev'essere perché toccano qualcosa che dev'essere universale. O meglio: forse le singole frasi poetiche sono sempre “particolari”, colpiscono una certa parte politica, una certa generazione (o fascia d'età), un certo genere, una classe di uomini, etc; ma la “frase poetica” in generale colpisce tutti, cioè ce n'è sempre una che riesce a colpire qualcuno; si dice “frase ad effetto” non a caso, voglio dire! Non c'è uomo immune dal fascino della parola inaudita, dal fatto che il linguaggio a volte scavalca se stesso e diventa qualcosa che non è di questo mondo.
Mi rendo conto che a volte carico troppo la parola di un significato mistico. Ma per me di mistico non c'è niente: nel senso che mi stupisco di trovarlo ovunque, proprio nonostante il fatto che non esista. Il mio è piuttosto uno "stupore mistico": il mio cuore (qualunque cosa significhi) lo spera, lo cerca, cerca di convincersi continuamente e caparbiamente della sua esistenza, il mio intelletto, come un papà buono e saggio, sa che non è vero e se a volte lo lascia fare è soltanto perché possa imparare l'amara lezione e starsene più tranquillo la volta dopo.
A volte il linguaggio diventa qualcosa che non è di questo mondo (cioè poesia): ma il mondo di cui parlo è semplicemente la nostra rappresentazione. Cioè il linguaggio ci fa scavalcare le barriere della nostra rappresentazione e ci fa cogliere qualcosa del mondo che, se ci mettessimo a fare tutti i ragionamenti del caso, tutte le osservazioni scientifiche etc etc, non riusciremmo a cogliere. È come se tutti i neuroni si mettessero a lavorare insieme e ci permettessero di saltare in avanti di secoli nella conoscenza. Infatti spesso si fa una scoperta che si rivela essere stata espressa da un verso di qualche poeta (o brano di qualche romanziere) qualche secolo fa... e noi a gridare “oh stupore e meraviglia”! Quando invece abbiamo semplicemente sottovalutato il nostro cervello e attribuito a quel poeta un “eccesso di fantasia”, una “capacità visionaria” etc etc... sembra che lo ammiriamo, in realtà lo stiamo svalutando. Poi si scopre che aveva ragione. Che bella ironia. Sembra che il destino dei poeti sia come quello del pollo che si vendica del suo aguzzino strozzandolo con un suo osso, dopo essere stato ammazzato, frollato e cucinato per bene nel suo brodo.

Alla prossima
Grillo Sognatore

sabato 7 luglio 2012

Post qualunque 4

Giuro che appena finisco mi metto a scrivere. Davvero. Scriverò come un forsennato. Mi metto a finire tutte le cose che ho nel cassetto, non mi fermo finché non ne ho finite almeno un paio!

It's a promise.

Alla prossima
Grillo Sognatore

giovedì 21 giugno 2012

Post qualunque 3

Credo che tutto sommato io sopravviverò. La tesi in fin dei conti si avvia alla fine, poi ci sono le vacanze (delle luuuunghe vacanze), poi mi rimetterò a scrivere e sono fiducioso sul fatto che concluderò qualcosa entro l'anno.

Quello che mi chiedo è se ce la farà questo Paese, questa generazione trattata in modo infame: nel migliore dei casi siamo bamboccioni che non vogliono essere flessibili (concetto che mi fa davvero ridere perchè sottintende il "piegarsi" e onestamente non riesco a trattenere i doppi sensi), perché flessibile è bello, è più meglio, è più salvaguardioso della Grande Economia Mondialnazionale eccetera; persone che, mannaggiavediunpo', sono così ottuse che vogliono a tutti i costi una pensione prima di essere completamente rovinati dall'artrite e dalla demenza senile (che razza di senso ha una vecchiaia che comincia quando non sei più autosufficiente?) e così stronze - chiamiamo le cose con il loro nome! - che vogliono un lavoro con un minimo di continuità, così da permettere loro di approfondire le tematiche ad esso legate, di farsi una famiglia magari, di sentirsi un po' più sicuri.

Ma al di là della generazione - non venitemi a dire che tanto ogni generazione la pensa così: non è proprio per niente vero. Ci sono state generazioni che sentivano su di sè la fiducia delle passate e delle future, noi ci sentiamo sfiduciati da entrambe, dalle prime perché peseremo su di loro, dalle seconde perché non saremo capaci di mantenerle -, mi chiedo che cazzarola ne sarà dell'Italia.

Se la risposta che avete in mente è "tanto ce la siamo sempre cavati", per favore, non ditela. Si, è vero che ce la caveremo in ogni caso. Non è che ci possiamo sterminare. ci impoveriremo, faremo chissà che, ma in ogni caso - come abbiamo sempre fatto - sopravviveremo. Certo che continueremo ad esistere: ci sarà sempre qualcuno di buona volontà che ci salverà per il rotto della cuffia, che ci darà qualche spicciolo nella ciotola, come stanno facendo per la Grecia. Il FMI, i titoli di Stato, gli eurobond, qualcosa ci salverà sicuramente.

Ma non siamo stanchi di farci soccorrere pietosamente, ogni volta, da sempre, da circa millecinquecento anni? E senza andare troppo in là con le epoche: da sessant'anni? Abbiamo delle responsabilità, come esseri umani. Ci siamo assicurati la sopravvivenza per troppo tempo, rubandola agli altri. Credo che dovremmo cominciare a garantire noi per gli altri, per quelli che abbiamo contribuito a sfruttare o a far sfruttare con il nostro complice silenzio. La dobbiamo smettere di chiedere aiuto: dobbiamo cominciare a darlo.

E per farlo, dobbiamo smetterla di essere un paese dipendente e avere una nostra politica economica, una politica che valorizzi le nostre specificità, che punti sulla cultura e sulla ricerca. Altro che FIAT.
Badate bene, non sono nazionalista o autarchico, me ne strafrego dell'Italia intesa come "confini che di qua sono Italiano e di là non lo sono", e si, l'autarchia è una stronzata immane. Per me l'unico futuro possibile sono gli Stati Uniti d'Europa, e prima li realizziamo meglio è. Sto solo dicendo che la dobbiamo smettere di perseguire obiettivi che non ci portano a nessuna parte e concentrarci su quelli che, per la nostra storia, per il nostro territorio, ci portano risultati. E che diamine.

Sto chiedendo troppo? Certo che si. È sicuramente troppo, per la classe dirigente che ci troviamo (non "politica" ma "dirigente": parlo anche di primari, direttori di ogni sorta, presidi scolastici, etc etc etc)... ma se solo ci mettessimo noi, a governare, noi gente che capiamo almeno più o meno le cose che dovremmo governare, noi gente che anche se ci sbagliamo cerchiamo di rimediare, ci mettiamo la faccia, ci dimettiamo, facciamo corsi di formazione, studiamo per migliorarci... noi gente che non pretendiamo di cambiare il mondo con un clic, ma neanche con un voto dato alla cieca da partiti che si scelgono i loro deputati (che vergogna, che porcata, non è possibile)... insomma, se solo riuscissimo a metterci qualche persona competente e onesta ai posti di comando... non dico che il mondo sarebbe bello dal giorno dopo, ma dai, che cavolo, almeno ci sarebbe la soddisfazione di dire "cavolo, ora ci possiamo provare davvero, perchè questo qua che comanda non è uno che se ne fotte altamente di quello su cui sta comandando, ma che se ne interessa..."

Invece, quello che vedo va sempre nella direzione opposta. E sono diventato così abbruttito dal pessimismo che anche se vedo segnali positivi non ci credo...

Vabbè, vado a farmi una doccia, con questo caldo. Che poi si ragiona meglio. Anche se a pensarci bene sarebbe meglio che la smettessi di ragionare, che se no m'incazzo solo di più. Ma ho bisogno di ragionare per scrivere la tesi. Quindi penso che mi farò la doccia. Anche perché puzzo. Mi sembra una motivazione più che ragionevole.


Alla prossima
Grillo Sognatore

domenica 17 giugno 2012

Up patriots to arms!

La musica di Franco Battiato mi ha sempre affascinato, più che emozionato; vale a dire che di solito non mi affeziono alle sue canzoni, le ammiro piuttosto come dei bei quadri "di maniera", perfetti nello stile, ma un po' freddini.
Mi piace il suo modo di pensare e affrontare la musica, il fatto che sia sempre del pensiero dietro, della filosofia addirittura; diciamo che se mi capita di ascoltarlo, non dico mai di no, perchè posso sempre imparare qualcosa dalle sue canzoni.

Certe volte, però, con certi brani, ho provato un autentico brivido. Spesso si è trattato di cover (non mi appassiona particolarmente la voce di Battiato, come quella di Battisti: per carità, ottimi autori, ottimi compositori, ma vocalmente... Battisti lo ascolto preferibilmente tramite Mina), come mi capitò durante i fervori adolescenziali con Voglio vederti danzare rifatta da Prezioso... lo so, col senno di poi, una mezza cagata, ma all'epoca mi rivoluzionò la testa. Per me la dance erano gli Eiffel 65 e basta, i Paps 'n Skar e robe del genere... French affair e simili... insomma, niente di intellettuale. Quando sentii quel remix, i miei neuroni, solleticati, fecero boom! Poi ovviamente ho apprezzato anche l'originale. Però resterò sempre affezionato al remix, mi dispiace.

Ma oggi in particolare, da stamattina, sono piantato su questo gioiellino, che non riesco a togliermi dalla testa.
Cosa succede quando i Subsonica incontrano Battiato? Succede che i patrioti si armano e cominciano a lottare, ecco cosa.



Non so perché non mi fa caricare il video della versione in studio e mi dà solo dei live... comunque, se al posto di quella musica sciacquerella di Mi fido di te, Veltroni avesse scelto questa come "colonna sonora" della scorsa campagna elettorale, il signor B. sarebbe storia vecchia.

Alla prossima
Grillo Sognatore

mercoledì 13 giugno 2012

Post qualunque 2: Gianni Celati, Georges Perec.

Come detto, mi serve far uscire delle cose che ho in testa, per poterle accantonare almeno provvisoriamente.
Anche se alla fine dei conti, non è che ne abbia tante: avendo smesso di fare qualunque altra cosa, sto studiando quasi tutto il giorno, a parte quando faccio le prove di teatro, quindi per fortuna quel brulicare tipo coltura di batteri, con le colonie che si formano perchè un gruppetto di batteri migra e si crea il suo bel centro urbano, ha rallentato moltissimo.
La mia attività cerebrale si sta stabilizzando. Ovviamente non è un bene, in assoluto, soprattutto perchè lo sto facendo forzatamente, quindi mi sento frustrato a mille. Ma, tenendomi in coma farmacologico, almeno riesco a pensare a poche cose alla volta. L'ideale sarebbe aumentare ancora un po' il dosaggio dei tranquillanti (virtuali eh! Non sono sotto farmaci davvero) e ridurre il flusso mentale fino ad una sola idea per volta, un solo pensiero elementare e semplice per volta, come in fila, in modo da pensarlo, scriverlo e passare al successivo.
Ci sto lavorando. Chissà che razza di risultato... mah...
Comunque ho capito perché questa tesi è così difficile da scrivere: perché non riesco davvero ad apprezzare questi romanzi su cui sto scrivendo. O meglio, c'è uno dei due autori che mi piace (Georges Perec), l'altro no (Celati). Intendiamoci, Celati è una brava persona, intelligente, ha in mente beato lui una specie di missione della letteratura, ha degli obiettivi, sfido gli altri scrittori ad avere almeno un decimo della sua onestà intellettuale; ma i suoi primi romanzi mi fanno proprio cagare, detto come va detto. Durante gli anni Settanta era un giovanotto spaccone che credeva di fare il rivoluzionarioncello della letteratura, e lo posso pure capire, tutto quel Sessantotto con la sua politicizzazione aveva scassato i maroni, ma cavolo, da qui a creare un personaggio come Guizzardi ce ne vuole... poi oddio, a leggerli ancora ancora ce la si può fare: in fondo, il lettore ha i suoi diritti sacrosanti, Pennac insegna. Può prendersi tutte le libertà che vuole, ed è giusto così: il laureando, purtroppo, non può. Deve rimanere neutrale, oggettivo, deve dare il giusto peso a quello che uno scrive. E il "giusto peso" spesso differisce dal gusto personale... come in questo caso. Quindi, come faccio ad analizzare la comicità (su quello si basa la tesi) di testi che non mi fanno ridere per niente? Qui sta il dramma. Stessi facendo una recensione direi: "Caro Sig. Celati, io lo vedo che lei si sforza di far ridere, di riprendere in mano la tradizione picaresca, i romanzi d'avventure, anche Pinocchio; le storie di Guizzardi sono effettivamente buffe, nel senso che sono bizzarre, surreali e sconclusionate; ma questo non mi strappa neanche una risata, ma neanche una piccolina. Casomai mi interessa da freddo intellettuale, mi dà qualche spunto di riflessione su come si possa rielaborare l'epica nel contemporaneo etc etc; mi dà un sentiero da percorrere, ma non è una pietra miliare. Appena ho finito di leggere i Parlamenti buffi, e soprattutto Le avventure di Guizzardi, ho avuto subito voglia di parlare delle stesse cose, ma assolutamente non in quella maniera, anzi evitando come la peste quello che lei ha fatto, perché quei tre romanzi mi hanno lasciato addosso un'angoscia di malfatto che non riesco a togliermi di dosso se non scrivendo a modo mio e per bene le stesse cose". Ora, sarò presuntuoso pure io, ma questa è la verità. Gli sperimentalismi mi sono sempre stati indigesti: io faccio un sacco di esperimenti, ma poi li butto e ne traggo il succo per poter scrivere seriamente. Gli esperimenti hanno un senso se ottieni un risultato; se no, meglio buttarli nel cestino. Dagli anni Ottanta in poi Celati ha scritto cose molto migliori, secondo me, e secondo me proprio perché ha smesso di voler essere pretenzioso e si è messo a guardare il mondo; e se uno legge i Costumi degli italiani, ci trova dentro la stessa bellezza di Guizzardi, la stessa freschezza, ma una forza totalmente nuova e una voglia di scrivere non più "barocca", che vuole soffocare il lettore, ma amichevole con lui, che gli dice: "facciamo un patto: io ti racconto una storia; se ci vuoi credere, sta a te".

Vabbé. Sto allargando il discorso. Una cosa del genere non la posso dire nella mia tesi, quindi tanto vale che non mi ci metto nemmeno a pensarla. Comunque Georges Perec era un grande proprio perché lui con la letteratura, fin da subito, si è messo d'impegno, e l'ha trattata come la sabbia che ti scorre tra le dita e tu cerchi di trattenerla mettendo l'altra mano sotto, e così via finché non ti rimangono che due granelli nel palmo che conservi in cassaforte, perchè sono quelli fortunati, quelli che non ti hanno voluto abbandonare. E le sue opere sono il flusso di quella sabbia che si travasa di mano in mano, e più si riduce più i singoli granelli risaltano e brillano, uno ad uno, e parlare e scrivere diventa parlare e scrivere di quelle briciole di realtà che ti sfavillano intorno. Su Celati invece, sul Celati dell'inizio, direi che ha voluto dire troppe cose, troppe cose troppo grandi, e le ha dette male; poi ha capito anche lui la lezione e poco alla volta sta cercando di metterla in pratica; ma da qui a raggiungere Perec... ce ne vorrà...

Bon, ora che mi sono sfogato abbastanza me ne vo.

Alla prossima
Grillo Sognatore

sabato 9 giugno 2012

Post qualunque 1

Mi sa che mi rimetterò a scrivere qui sopra. Dopotutto non è come essere sui social network, dove sei bombardato da un flusso di novità continue, che ti sevizia dolcemente, come una sfilata di vetrine in cui sei sempre tentato di dire "uuuh!Guarda qui! E qui! E questo cos'è? Non l'avevo mai visto!" o "beh si, l'avevo visto, ma perché non riguardarlo?".

E in questa immensità s'annega il pensier mio, e così facendo mi distraggo.
Badate bene: non sto facendo il solito discorso del "facebook è il Male, bisogna disiscriversi, tornare all'aria pura e incontaminata delle praterie, etc etc". Anzi, al contrario: devo ammettere che ultimamente i socials networks mi stanno dando un sacco di idee.
Dico solo che mi distraggono dalla tesi, proprio perché mi ficcano in testa un milione di cose diverse dall'unica alla quale dovrei consacrare le ore della mia giornata. È come se quando mi connettessi lì mi attaccassi un imbuto al cervello, da cui mi vengono riversati litri e litri di un cocktail di notizie, barzellette, informazioni, scambi di battute, eccetera. È un inglobamento di concetti inutili (non inutili in assoluto, ma solo in questo preciso momento della mia vita), che non mi fa finire i paragrafi che sto scrivendo, che mi fa venire in mente che potrei fare un collegamento con questo e questo e quest'altro... e così la tesi, anzichè concludersi, si apre e si apre ancora... ogni spunto mi sembra buono per aprire una parentesi... se vado avanti così, anzichè una, scriverò una ventina, o un centinaio di tesi.
Invece ne devo scrivere una, quindi niente social network.
Il blog, il diario, invece, sono tutt'altra cosa: sono un momento di "espulsione" delle idee, una secrezione, come se le sudassi via. Anziché qualcosa che mi viene messo nel cervello, è qualcosa che ne esce e mi libera, mi purifica un po'.
All'inizio ho provato a fare questa cosa con twitter: con il fatto degli hashtag è stato anche carino divertirmi a "classificare" i miei sfoghi, ma è davvero troppo limitante: mi uscivano fuori solo frasi generiche. E poi, siccome seguo vari siti di notizie, finiva che ci stavo dietro esattamente come facebook (unica consolazione, c'era meno cazzeggio e più informazione e cultura).

Allora, da oggi, inauguro la serie dei "post qualunque", di tipo diaristico, in cui scrivo né più né meno quello che mi pare senza troppo costrutto. Post di nessun interesse per nessuno ma che hanno il gran pregio di farmi sfogare in pubblico, il che mi fa sempre sentire meglio di quando mi sfogo da solo. Avere una platea virtualmente infinita (anche se mi leggono in due o tre) mi fa un gran bell'effetto placebo.

Alla prossima
Grillo Sognatore

giovedì 24 maggio 2012

Operetta amorale, Atto I

Alora, bella gente, da un po' che non ci si vede su questo blog, vero? Beh, avrei voluto, ma sapete, avevo tanto da fare, non ho potuto impegnarmici, insomma lo sapete le solite cose da fare giorno per giorno che mi impediscono di... (sente il vibrare di qualcosa dietro sè, come il sibilo dello spostamento d'aria di qualcosa che viene mosso velocemente... molto velocemente, troppo velocemente) AAAARGHHH!!! Dunque dicevamo...

Cosa? Un urlo di dolore? No, ma che dite... vi sbagliate... faccio sempre così, quando penso al mio amato blog abbandonato... "oh me tapino! Aaaaarghhhh", non vi preoccupate. Piuttosto, ehm, vi devo salutare perchè, beh, ehm, ho da fare cose urgenti, insomma. Non sono mica fatti vostri, no?

Alla prossima
Grillo Sognatore

Tesi: (facendo fischiare il suo lucido frustino in aria) Allora? Ti muovi? Ogni minuto di ritardo una sculacciata e una bacchettata sulle dita!
C.: (mesto) Arrivo, arrivo...
Tesi: (incazzata) Arrivo...?
C
: (sconsolato) Arrivo... mia padrona e Signora.
Tesi: (lo fa inginocchiare davanti a sè, gli punta il tacco a spillo in fronte lasciandogli il segno) Bravo... così ti voglio... dolce e remissivo. (ride sguaiatamente e frusta senza pietà il culetto nudo di C.) Ah ah ah! Ora non fai più l'intellettuale di stacippa... (Frusta alternando versi e parole) Tiè! Toh! Sgnécchete! Tu volevi scrivere poesie! Tiè! Tu volevi scrivere un romanzo a puntate! Beccati questa invece! Agguanta pure 'st'artra! Volevi scrivere pure una sceneggiatura... (Sputa su quattro fogli su cui c'è scritto, con calligrafia alquanto infantile, "Cuesta è lastoria di una famigla che vive sul teatro come un realiti epperò poi la filia schappa e poi l'altro fillio e poi lamamma sbrocca e il papa' è sciemo e poi alla fine muoie e la colpa e del cattivo prodduttore") PTÙ! Emmò torna al lavoro...
C.: (piangendo, si sistema sulla sedia davanti ai libri, dove Tesi lo lega con cinghie cosparse di spilli e già sporche di sangue rappreso) Ma... cinque minuti di pausa, nemmeno quelli? Una sbirciatina su Facebook? Un tweettino piccolo piccolo di dieci caratteri?
Tesi: Pausa? Feisbuc? Tuitterr??? (il cielo si oscura, Tesi prorompe in una risata profonda e gutturale, da inferi) MUAHAHAHAHAH... potevi pensarci prima... e ora vai di paragrafo, lavora, non ti fermare... verme! Va là, va là come scrive, la merdaccia! Come scrive, ora che il professore gli ha messo il peperoncino in culo! E dov'era, tre mesi fa, questa vena artistica? (imita C. con voce da frignone) "non mi viene niente, non mi viene niente! Non mi vengono idee! Leggo i libri, li leggo mille volte, e non esce fuori una riga!"

Nel frattempo C. allinea paragrafi su paragrafi singhiozzando e lagrimando, sicchè il suo contrappasso si compie dolorosamente anzichè giubilosamente come in principio la benevola Provvidenza avea provveduto a prevedere. Prudentemente, precauzionalmente, Tesi di quando in quando torna a sferzar sulle nude natiche C., solo per ricordargli di non abbassare la guardia, sorseggiando avidamente da un calice di amaro chinotto scuro come il fiele.

mercoledì 23 maggio 2012

Destino, Fato e altre amenità.

Sarà che sono uno spirito troppo letterario, ma per me il destino esiste davvero, ed è inevitabile: nel senso che, qualunque cosa noi stiamo facendo adesso, c'è qualcuno nel futuro prossimo o lontano che la sta descrivendo, che sta mettendo insieme documenti e testimonianze per ricostruirla. Siamo già parte di una Storia che ci descriverà, anche se non ne siamo ancora consapevoli.
È un "destino" a posteriori se vogliamo, ma non per questo ci condiziona meno. La libertà (sempre per me) esiste, ma solo nell'attimo presente, e non è mai totale perchè dipende dal passato (dall'insieme delle scelte compiute, da come ci hanno segnato, etc) e dal futuro (aspettative, speranze, etc).
Per cui è come se ci fossero due destini: quello "storico" per cui tutto è o sarà consegnato alla storia e quello "biografico-psicologico", cioè tutti i nostri condizionamenti. Il Fato immutabile ed eterno è un po' la favoletta della buonanotte dell'umanità: i Greci ne avevano bisogno per ricondurre all'unità la loro fede sparpagliata e frammentaria, i Cristiani ne hanno raccolto l'eredità perchè tutti figli dei filosofi classici, e poi via via tutti i seguaci del progresso (o regresso) storico, credenti o no, hanno continuato a sostenerne le tesi. Possiamo fare ben più che cambiare le "sfumature" della nostra vita, come le grandi figure del nostro secolo ci dimostrano, sia in negativo che in positivo.
Due esempi a caso, Mussolini e Gandhi, uno maestro di provincia romagnolo, l'altro avvocato indiano in Sudafrica... la loro "cornice" storico-sociale, la loro biografia, non bastano a spiegare il loro "balzo", hanno fatto scelte coraggiose (in entrambi i sensi, ripeto, non sto facendo apologia del fascismo. Dico "coraggiose" perchè anche Mussolini ha rischiato la pelle... i risultati sono ben altra cosa) ma non perchè vi erano "predestinati". Hanno visto l'occasione favorevole (che si è presentata per tanti altri, un milione di altri avrebbero potuto prendere il loro posto tranquillamente), ci hanno provato e ci sono riusciti.
E quindi insomma il destino esiste, ma non è quello che ci dicono filosofi e teologi. È quello da cui ci facciamo condizionare noi, più il riflesso storico delle nostre azioni.

Forse questo discorso è un po' troppo sconclusionato e disorganico, ma vabbè. Mi andava di farlo, l'ho fatto, l'ho scritto di getto senza controllare la forma. A volte mi viene così. Prendere o lasciare.


Alla prossima
Grillo Sognatore

mercoledì 16 maggio 2012

Canto

Canto

Canto perchè in fondo il canto
come altre cose mi tiene sulla vita,
mi riporta in superficie, mi costringe
 ad usare i polmoni. Canto per dire
che mi va ancora e ancora di vivere
e che non ne ho abbastanza, e per modo di dire,
con le parole spezzate quando viene, danzando,
tenendo il ritmo con i piedi e con le mani,
senza cetra né violino né orchestra da ammansire
nè palco su cui gioire. Canto senza orecchie
che mi stiano attente, e senza fare del male
a nessuno, mentre cucino e mentre cammino,
senza dipingere il quadro a modo mio.

Bologna, 16 mag 2012

Alla prossima
Grillo Sognatore

martedì 15 maggio 2012

Bloccato bis

Pessima sensazione, quella del pianista-compositore che si siede davanti alla tastiera e non sa cosa fare, e allinea scale su scale perchè non gli viene in testa niente. Magari esce fuori anche una melodia carina (vedi Einaudi), ma niente di cuore, tutto di testa. Così sono io con questa tesi. Scrivo perchè devo scrivere qualcosa, perché devo riempire le pagine, ma sono tutti giri di parole, non arrivo mai al sugo, perchè sugo non ce n'è.
Mi sembra di rincorrermi la coda come i cani. Aggiungo avverbi su avverbi, incidentali su incidentali, allungo i periodi, parlo dell'aria fritta, alla fine pur avendo scritto qualche pagina mi sento come se fossi fermo al titolo del capitolo.

Brutto mestiere quello dell'artista, quando è secco dentro. Se non ha le motivazioni dentro di sè, non combina niente; hai voglia a coltivare la tecnica; gli altri, almeno, qualcosa la trovano da fare sempre; lui se non si spiccia a farsele da solo non arrivano.
E il pennello disegna cerchi e schizzi, le note si susseguono in sequenza come da manuale, la penna costruisce frasi, soggetto verbo complemento, tutto vuoto, tutto vuoto.

E che due palle, insomma!

Alla prossima
Grillo Sognatore

lunedì 14 maggio 2012

Bloccato

Help. Sono bloccato.
Non so nemmeno cosa scrivere di preciso: sono semplicemente impallato, da parecchio tempo, troppo, almeno due o tre settimane.
Non vado nè avanti nè indietro, nè miglioro nè peggioro. Sono in stallo.
Come cavolo faccio a sbloccarmi?

Eppure, la cosa peggiore non è nemmeno lo stallo in sè: è che ci ho preso gusto. Perchè in realtà, a ben vedere, se non fosse che devo scrivere una tesi di magistrale in due mesi, io starei bene, anzi benissimo: perchè non è che sono in una fase negativa, improduttiva, stazionaria nel senso di "a terra".
Anzi! Dal punto di vista creativo, va tutto bene: sto avendo nuove idee, sto portando avanti la messa in scena del Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare (che vedrà la luce, se tutto va bene, insieme alla laurea: nel senso che è la laurea ad essere a rischio, non lo spettacolo), ho scritto proprio ieri l'abbozzo di un atto unico (o tragedia in due atti), qualche poesia e ho tanta voglia di riprendere in mano i miei romanzi e racconti, per finire almeno una raccolta di questi ultimi.

E poi non sono affatto triste: anzi, mi sento utile e produttivo come non mai, per la prima volta nella mia vita. Faccio il bibliotecario e dò ripetizioni di francese. Scrivo in francese. Leggo anche in francese. Sto pensando seriamente di mettermi a tradurre dal francese all'italiano, prima per diletto, e poi se mi riesce bene anche professionalmente, perchè no? Ho scoperto che un paio di opere di Georges Perec sono ancora inedite in Italia. Certo, ci vuole coraggio, ma ripeto... perchè no?

E poi sono quasi riuscito a mantenere la mia promessa di non comprare più libri finchè non avrò letto almeno una decina di quelli che ho in arretrato: e finora ho fatto solo un'eccezione. Quando ho visto Il circolo Dante di Matthew Pearl in una bancarella dell'usato a 1 euro, non ho proprio potuto resistere. Ma per il resto, se ho preso altri libri, è stato sempre e solo a costo zero: libri ceduti dalle biblioteche, altri che qualcuno doveva buttare, e qualcuno l'ho portato su da Matera (Littizzetto, Latouche, Poe, Verga e Camilleri per l'esattezza). E, cosa più importante, non sto accumulando i libri sul comodino: finchè non avrò finito Barnum 2 di Baricco non aprirò Lessico famigliare della Ginzburg (subito dopo è in programma Anna Karenina, se volete saperlo).

Ormai, solo questa maledetta tesi c'è tra me e la realizzazione di un sacco di obiettivi importanti della mia vita: i miei scritti, le mie letture, un lavoro non dico buono ma almeno non spaventoso, e poi boh! Il concorso per il maledetto TFA (ho scoperto che si paga! Ma vi rendete conto?!?! È un tirocinio, noi lavoriamo per lo Stato, passiamo un concorso, e poi dobbiamo pagare, pagare per diventare insegnanti!!! Migliaia di euro!), o magari un vero lavoro in biblioteca, oppure aprire una libreria (ma preferirei la biblioteca), mettere in scena qualche mio testo, oppure filmare, ecco, ultimamente mi è venuto il pallino della cinematografia (ma ve ne parlerò un'altra volta).

Questa maledetta tesi. La devo superare. Me la devo lasciare alle spalle. E non c'è altra soluzione se non cominciare a scrivere, una pagina dopo l'altra, infilando sul foglio dieci cento mille parole, fino a raggiungere l'ultimo maledetto punto dell'ultima porca frase.
Ma io ce la farò, orcoboia. A modo mio sono forte. Quando si tratta di parole, modestamente, me la cavo. E ce la farò anche stavolta.

Alla prossima
Grillo Sognatore

martedì 17 aprile 2012

Dialogo tra un Biologo e un amico

Dialogo tra un Biologo e un amico

Amico: Ma tutto questo male, tutta quest'insoddisfazione, come te la spieghi? Questo fatto che i nostri desideri non bastano mai, che ce n'è sempre uno spazio da riempire nella tua vita, che niente è mai sufficiente?
Biologo: Ah, quello. Beh, è un errore.
Amico: Come, un errore?
Biologo: Hai presente come funziona l'evoluzione? La natura, ogni tanto, cambia qualcosa in se stessa, per sperimentare. Non riesce a stare ferma. Allora cambia un piccolo dettaglio, conosci l'effetto farfalla? Ogni minuscolo cambiamento è l'inizio di una catena di eventi che poi portano a qualcosa di enorme chissà dove. Lei cambia un dettaglio e le cose cominciano a muoversi. Naturalmente, all'inizio aveva ancora tanto da sperimentare, quindi cambiava a destra e sinistra senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze... montava e smontava tutto e ha cominciato a creare gli esseri viventi, ha visto che erano dei giocattoli carini, e ne ha cominciato a creare di sempre più complicati, con tutto un equilibrio interno, così preciso che non serviva più modificarli dall'esterno, ci pensavano direttamente loro a cambiare da soli poco alla volta. Hanno copiato il meccanismo naturale, con le mutazioni, per cui cambiando un pezzettino di cromosoma qui e uno lì, a questo spuntavano le zampe, a quest'altro le branchie, questo faceva la fotosintesi eccetera eccetera...
Amico: Si ma dove vuoi andare a parare? Non capisco.
Biologo: Voglio dire che questo non è affatto un meccanismo perfetto, lo vedi benissimo anche tu. Di errori ne vengono fatti milioni ogni secondo: sono nate delle specie assolutamente inutili, altre incapaci di adattarsi a un cambiamento anche minimo di temperatura, umidità, eccetera... e ne sono nate altre invece resistentissime e anche versatili. E a un certo punto la natura ha fatto l'errore più grosso, ha creato noi. Ha dato alla materia il pensiero, un'aberrazione, che non dovrebbe proprio esistere.
Amico: E perché non dovrebbe esistere?
Biologo: Come, perché? Perché così noi siamo andati in giro alla ricerca del senso, e ci siamo messi in testa di poter spiegare le cose in base a qualcosa di diverso dalle cose stesse... capisci? È stato fatto un errore madornale. Questa mutazione ha prodotto qualcosa che non ragiona in base alla realtà, ma a qualcosa di diverso. È come essere autistici rispetto al mondo, abbiamo le nostre regole che non sono quelle reali e rimaniamo in fondo in fondo impermeabili alla verità. Ma non è colpa nostra o dei filosofi, o delle religioni: siamo proprio così biologicamente, non possiamo fare altrimenti.
Amico: E allora, come fare a vivere?
Biologo: Oh, è molto semplice. Basta far finta di niente.

Alla prossima
Grillo Sognatore


P.S. Spero che vi sia piaciuto. Questo dialogo fa parte di una serie che sto scrivendo da diversi anni e si chiama (titolo provvisorio) "Operette immorali". Ovviamente il riferimento leopardiano è chiaro, non ci sto a insistere più di tanto. Questo è il settimo, ma prima di raccoglierli voglio arrivare almeno a una ventina.

sabato 31 marzo 2012

Attesa 2.0

Sono stati i dieci giorni più lunghi della mia vita.
E domani comincia il giorno più lungo della mia vita.
So che i record possono sempre essere battuti... ma dato che non prevedo il futuro, per ora so solo che nell'ultima settimana e mezza le ore, i minuti, i secondi non passavano mai. Ogni istante a rimuginare sugli errori passati e presenti, e sull'incertezza del futuro.
Mai avuta tanta insonnia tutta insieme (quando dovevo fare qualche esame si, ma non durava più di una notte, due al massimo); mai stato così nervoso in continuazione, senza soste, senza pause. Mai avuto così tanta paura di deludere gli altri. Stanotte ho pensato che l'alcool potesse darmi un po' di meritato sonno: manco per idea. Dopo sei ore ero lucido, senza sveglia né niente. E ora, il solo pensiero di avere davanti a me altre 15 ore da passare prima di tornare a letto, mi mette angoscia.
Domani un grosso capitolo della mia vita si chiude, ed è meglio così: devo tornare al "grado zero" della vita. Vabbé, quello del grado zero è un mio vecchio chiodo, che se volete vi spiegherò un'altra volta, ora il discorso è troppo lungo da fare.
Intanto, non riesco a fermare quest'emorragia di impazienza, mi esce dai pori della pelle, ha una fonte inesauribile nella bocca dello stomaco, che si stringe e si contorce dalla mattina alla sera.
Sono stato molte volte in attesa di qualcosa, ma questa è di gran lunga la peggiore. Come se il concetto stesso di attesa si fosse evoluto nella sua versione più masochisticamente raffinata: non riesco a fare quasi niente in attesa di domani mattina, non riesco a pensare per bene, non mi diverto, non mi rilasso, ho sempre i nervi a fior di pelle. Non serve a niente ripetermi che il peggio è già passato, che quella di domani è poco più di una cerimonia con tanti salamelecchi, una facciata, una messinscena per tranquillizzare i bimbi, l'ansia ribolle e non c'è verso di calmarla.
L'unica cosa che mi tranquillizza, a tratti, è il sapere che c'è una scadenza ben precisa, e che a una certa ora di domani sarà tutto finito e il mio cervello e il mio cuore potranno riposare.

Tra l'altro, stanotte arriva anche Franca che si trattiene per tutte le vacanze pasquali... una luce piccola ma comunque presente che mi aiuta a passare questo momento.

Alla prossima
Grillo Sognatore

venerdì 16 marzo 2012

Entropia.

La cosa che odio soprattutto di quando sono giù di morale è vedere la pila dei piatti aumentare, le lavatrici da fare, i pavimenti da pulire, il lavandino e il bidet riempirsi di peli, il tavolo stratificarsi di briciole, senza avere la minima voglia di mettere le cose a posto, anzi con il desiderio piuttosto esplicito di continuare a non fare niente, di lasciare che il disordine si accumuli, fino a un punto di non ritorno, fino a quando tutto strariperà dalla casa e verrà fuori per la strada.
Non so di preciso perchè mi piaccia quest'idea. Credo che in parte sia perchè voglio che tutti si accorgano che sto male, ma che lo vedano materialmente, non solo da una lacrimuccia che mi può uscire dall'occhio in un momento strano, o dal muso che metto.
Mi piace pensare che esista una manifestazione più concreta, più essenziale, del malessere. Qualcosa che si vede non da come appaiamo, ma da quello che produciamo nella nostra vita. La poesia è uno di questi prodotti, ma è fin troppo cosciente, levigata, passa dal filtro della ragione, perchè è espressione in parole di una cosa che non si può afferrare con precisione. Non la si può neanche ben classificare: malinconia? Depressione? Stanchezza? Mal di vivere?
Io una volta mi sono soffermato su una parola, che ovviamente non è esaustiva dell'argomento ma che ne esprime bene una parte: entropia.

L'entropia è una grandezza fisica che esprime la misura del disordine di un dato sistema. Il disordine diminuisce tanto più le molecole di un composto sono complesse, e aumenta quanto più sono semplici. Di solito la si usa nello studio dei gas, ma vale per qualsiasi sistema fisico, in ultima analisi anche l'universo. Le leggi della termodinamica infatti ci dicono che, per quanto possiamo perfezionarlo, ogni metodo di trasformazione della materia comprende una perdita di energia. Se separiamo una molecola complessa in due più piccole, per rimetterle insieme in quella originaria useremo più energia di quella usata per la scissione.
L'universo va avanti così ed è certo che, prima o poi, tra miliardi di miliardi di miliardi di anni, non ci sarà abbastanza energia per creare molecole complesse: tutto si ridurrà a una nebulosa di gas semplici.

Questa semplice constatazione mi ha sempre colpito più di qualsiasi altra cosa. È incredibile. Qualunque cosa noi facciamo, è come costruire un castello di sabbia sapendo che arriverà l'onda a distruggerlo. Ciò nonostante continuiamo a farlo.

Ecco, facendo questa cosa (il lasciare che la casa vada a rotoli) è un po' come mostrare nella pratica al mondo che l'entropia, se non stiamo bene con la testa, si riprende tutto quello che abbiamo costruito. Bisogna sempre stare in opera per evitare che accada. E quando sono giù, ma proprio tanto come oggi, non ho davvero voglia di impedirlo: anzi, voglio che tutti sappiano che quello che ho faticato tanto per avere e mantenere vivo sta andando a rotoli, si sta sgretolando. È un modo come un altro per dimostrare che anch'io, coglione come sono, nel mio piccolo mi impegno, non sto fermo come credono, non sono davvero un buono a nulla.

Comunque adesso vado a lavare i piatti, perchè va bene l'entropia, ma c'è una cosa che mi piace troppo dei lavori di casa: mi rilassano, mi permettono di far vagare la mente a caso senza meta. Non ci rinuncerei mai, anche se a volte li trascuro un po'.

Alla prossima
Grillo Sognatore

Senza parole.

Nella mia vita sono rimasto poche volte senza parole: pochissime davvero, e me le ricordo tutte.

La prima è stato quando ho preso così tante mazzate da mia madre, e poi da mio padre, perchè avevo portato a casa l'ennesima "F" (insufficienza gravissima, in prima elementare, perchè non facevo mai niente a scuola), ma così tante, che ho pianto per non so quanto e non riuscivo a capacitarmi di quanto i miei genitori potessero essere cattivi. Quella fu l'ultima "F" della mia vita.

Poi un paio che non descriverò.

Poi ci fu quando rimasi a terra, all'aeroporto di Fiumicino, perchè avevo dimenticato la carta d'identità a Matera. Cazzo se ci rimasi male. Avevamo organizzato il Cammino di Santiago alla perfezione, tutti partirono tranne me. E soprattutto, non smettevano di darmi del coglione.
Mi dissi allora: "questo sarà il peggior momento della mia vita. Da adesso in poi mi metterò d'impegno perchè questo rimanga il peggior momento della mia vita. Momenti così non ce ne dovranno essere mai più, finchè campo. Fa troppo male".
Non faceva male solo perchè ero stato deriso, ma perchè mi ero reso conto effettivamente in quel momento di quanto ero stato coglione. Mi stupì, nella sua semplice evidenza, la mia coglionaggine.
Non era affatto una cosa scontata: avevo 16 anni e, pur essendo così da tantissimo tempo, mi consideravo migliore. Anzi, mi consideravo proprio un'ottima persona, migliore di quelle che mi circondavano. E invece avevo appena fatto una cosa così stupida da perdere completamente la faccia.
Non avevo, semplicemente, parole che potessero esprimere come mi sentivo. Non le ho ancora adesso, a dire il vero: sto approssimando per difetto.

Poi sono morte delle persone, e anche lì non ho saputo cosa dire. La morte, mi sembrava (e mi sembra tuttora), qualcosa sulla quale non si può dire niente. Accade. È l'unica cosa davvero evidente in questo mondo, l'unica che non si può contestare. La vita può essere relativa, così non è per la morte.
E tuttavia, pur essendo momenti terribili, non hanno raggiunto quello di Fiumicino, perchè a morire non ero io. In quell'aeroporto (e poi, al ritorno a casa, e negli anni successivi, e ogni volta che lo racconto), un pezzo di me è davvero morto, quella parte vanesia di me che si credeva il centro del mondo. Col senno di poi è stato positivo, ma lì per lì, credetemi, non lo è stato.

E il record era rimasto imbattuto, fino a stasera.

Restare senza parole, per me, significa che non trovo un senso in niente, che tutto mi fa schifo, che il dolore è insopportabile. Ma questi sono sintomi successivi e più coscienti, che arrivano, appunto, dopo le parole.
Prima, quando sono stato messo davanti al fatto compiuto di non essere più ben accetto dal gruppo in cui avevo investito gran parte delle mie energie quotidiane, al punto da litigare con parenti e amici (e fidanzata) perchè non stavo dedicando loro abbastanza tempo, le parole sono scomparse dalla mia testa.
Puff. Era il vuoto. Ma non il vuoto che mi prese una volta a un esame, che anche lì non avevo parole, ma perchè la prof mi inquietava (non era la stessa sensazione, lì non era colpa mia); era un "vuoto" così pieno di tutte le cose che avrei voluto dire che stavo per scoppiare.

Anche qui, dovrò accontentarmi di approssimare: avete presente tante persone che vogliono passare contemporaneamente dalla stessa porta? Quelli erano i miei pensieri. Per lunghi minuti, niente si è affacciato alla finestrella del cervello, neanche per dire "ma ho capito bene? non è che ho frainteso?". Non c'era niente. Continuavo a girare il cucchiaino nella tazza, ma tanto per fare qualcosa.
Poi ho parlato, ma non è che lo abbia fatto davvero. Voglio dire, nella mia testa ero (e sono ancora) senza parole. Cioè, se mi chiedo: <<come stai?>> non so cosa rispondere.
Ebbene si, credo che quello di stasera sia il momento peggiore della mia vita. Direi di gran lunga peggiore di Fiumicino. Sto di merda, ecco come sto. Sto che vorrei far tornare indietro il tempo di almeno un paio d'anni e prendere a schiaffi me stesso dell'epoca. Sto che avrei preferito non fare l'incontro di stasera. Sto che non so con che faccia tornare dagli amici, dai colleghi teatranti, da mia madre che mi dirà che ecco, lei aveva sempre avuto ragione, meglio così, che era tutta fatica buttata dall'inizio, e tutti, tutti senza eccezione che non potranno guardarmi che come un fallito. Sto come un fallito, uno sfigato, un buono a nulla, sto che spaccherei volentieri qualcosa in casa, se solo non fosse da ricomprare. Sto che nonostante mi si indori la pillola, sento che tutto il mio lavoro per migliorare, per diventare una persona più affidabile, più disponibile, più comunicativa e responsabile, è andato a puttane, gettato nell'immondizia. Sto come uno che ha dipinto un quadro, mettendoci dei mesi, lavorandoci in tutti i dettagli, e gli dicono che è una cagata. Sto come uno che è stato usato finchè era utile, e ora buttato nel cesso perchè non piace più, come un cavallo azzoppato che viene portato al mattatoio perchè non può più correre...
Non lo so come sto, ci provo, ma approssimo soltanto.

Mi sembra solo che, se mi domando: <<ma ne è valsa la pena, impegnarti per questi anni, promettere il tuo impegno?>> la risposta che mi viene da dare ora è <<No.>>

Vabbè.
Ora meglio andare a dormire, che domani mi aspetta una giornata lunga.


Alla prossima
Grillo Sognatore

martedì 28 febbraio 2012

Estate

Non so se s'era capito, ma a volte mi prende una sottospecie di malinconia. Questo succede soprattutto d'inverno, quando mi metto a sognare l'estate (non succede mai il contrario, perchè sono un incredibile freddoloso). L'autunno mi ritrovo a gustarmi ogni residuo di sole e calore e spesso mi metto a scrivere qualche verso impiastricciato di rimpianto e nostalgia.
E puntualmente, almeno una volta all'anno, scrivo una poesia che si intitola "Estate": non perché sia un progetto (tipo le stagioni di Vivaldi) o perché sono in vena di autocitazioni, ma solo perché non riesco mai a intitolarle diversamente. Sono come delle specie di riassunti di quello che mi è successo durante le vacanze, più alcune considerazioni pseudofilosofiche, più altre cose che mi passano per la testa, più l'augurio che l'estate ritorni più in fretta possibile (non fate commenti su questa cosa, vi prego: non sono Sognatore a caso).
Insomma, tutto questo per dirvi che quest'autunno ne ho scritta un'altra, ma siccome ero in giro che ho fatto? L'ho scritta sul cellulare e poi l'ho inviata per sms a dei miei amici. Dopodiché il cellulare si è rotto e io credevo che quella poesia fosse persa per sempre. Ma per fortuna un mio amico l'aveva conservata: perciò eccovela, sperando sia cosa gradita. E me ne frego se in giro c'è ancora la neve che deve ancora finire di sciogliersi: quando una cosa bella è sempre il momento di metterla in giro. E basta.

Estate

Ritornerai, estate,
come ora stai partendo, sfilacciando
a poco a poco le giornate, mentre il cielo
si ripiega su se stesso... tornerai
con il tuo odore che è profumo di casa,
di vita, d'amore, e tornerai
più bella di prima, con le speranze,
il sale, i colori, i segni ruvidi
del mare e la sete e il sudore,
a ricordarmi che lo spirito - quell'inquieta
scintilla vagabonda che chiamo anima -
non conosce vacanze.

2 ottobre 2011

Alla prossima
Grillo Sognatore

domenica 19 febbraio 2012

I Coldplay, un'ottima fonte di piacere

Quanto cavolo mi sta piacendo quest'album dei Coldplay???
Sul vecchio blog facevo, ogni tanto, delle recensioni... Non le ho riportate qui perchè mi ero rotto di copiare e incollare tutti i miei vecchi post, ma posso sempre ricominciare, no?
Mi sa che la prossima sarà dedicata a loro, Chris Martin & Co. Intanto gustatevi questo piccolo capolavoro, la penultima traccia (che secondo me meritava di essere l'ultima e chiudere in bellezza il disco), Don't let it break your heart (anticipato dalla traccia strumentale A hopeful transmission... ne hanno fatte un sacco di tracce strumentali ultimamente, i Coldplay). Ho provato a tradurla un po' parafrasando, non mi uccidete se ho traviato il senso di qualche frase!


And if I lost a map
If I lost it all
I fell into the trap
And she goes

“When you’re tired of racing
And you find you never left the start
Come on, baby
Don’t let it break your heart”

Those heavenly regrets
Still, on we crawl
Trying to catch a cannonball
And so burning tired
Through my maze is flowing
From a shipwreck I heard a call
And she said

“When you’re tired of aiming your arrows
Still you never hit the mark
And even if your aims are shadows
Still we never gonna part
Come on, baby
Don’t let it break your heart"

Non lasciare che ti si spezzi il cuore

E se avessi perso la mappa
se avessi perso tutto
sarei caduto in trappola
lei mi direbbe:

"quando sei stanco di correre
e scopri che non saresti mai dovuto partire
forza, non lasciare che ti si spezzi il cuore"


Quei rimpianti celestiali
ancora strisciano in noi
che tentiamo di afferrare una palla di cannone...
E allora, stanco morto,
attraverso il mio labirinto - sta fluttuando -
da un naufragio una voce chiamò:

"quando sei stanco di puntare le tue frecce
e ancora non riesci a colpire nel segno
e anche se i tuoi bersagli sono ombre
comunque non ci separaremo mai
Forza, non lasciare che ti si spezzi il cuore".

Alla prossima
Grillo Sognatore

martedì 7 febbraio 2012

Un piacevole ritrovamento

Ero così scazzato, ma così scazzato, che mi sono messo a fare quello che faccio quando sono davvero disperato: rileggere vecchie cose che ho scritto.
Se arrivo a questo punto, è proprio quando mi sembra che niente di quello che faccio, ho fatto o farò ha un senso: allora mi viene da riguardare se anche solo un mio prodotto ha avuto un qualche valore. Mi metto e spulcio e di solito qualcosina la trovo. Ci sono giorni che mi fa tutto schifo, ma anche quello è uno stimolo: mi viene subito da cominciare qualcosa di nuovo.
In questo caso, andando parecchio indietro, ho ritrovato questa poesia. Definirla strana è poco: io di solito non ho questo stile magniloquente, o meglio se mi capita di averlo sono sempre sarcastico o denigratorio in qualche maniera. Tipo, mi piace tanto fare il verso a Leopardi (una delle personalità migliori tra gli Italiani con la maiuscola, ma per carità, come poeta non si può leggere), ma questo è un altro discorso. Volevo dire che di solito tendo ad avere uno stile lirico nella prosa, ma in poesia divento secco e tagliente. Quel giorno però ho avuto una genuina "illuminazione", uno di quei momenti in cui ti viene da dire qualcosa alla quale non puoi sottrarti. Quando pensi "ecco, questa cosa qui la devo dire, è vera, viene proprio da me". Non è stata scritta nemmeno in un periodo particolarmente felice (è un eufemismo), e proprio per questo spicca tra le altre: in pratica ero lì che mi impanavo in un impasto di autocommiserazione, rabbia e angoscia, condito con una spruzzatina di melanconia autunnale, quando non mi ricordo per che cosa di preciso mi sono sentito commuovere. Era successo qualcosina, ma non me lo ricordo proprio, comunque una cavolata, tipo che mi ero accorto di che bella giornata fosse, o che mi ero messo a rileggere Il barone rampante (lo faccio sempre quando sono triste), o boh. Fatto sta che mentre realizzo questo, mi dico "oh, ma com'è possibile che quando penso di essere diventato arido, di essere una persona finita, di aver esaurito le possibilità creative e vitali, succede una qualche cazzata che mi rende felice di respirare e camminare ancora?" e così ho buttato giù questi versi, che spero vi piacciano (dopo tutto questo pippone introduttivo).

Anima mia

Che fai t'agiti
anima mia, se un palpito divino
t'accende, se appicca ancora
il tuo fuoco segreto, mai stanca
di passare i tuoi confini, tu scintilla
inesausta che brucia ciò che tocca, mistero
che muove il petto e scuote i miei giorni,
tu fuoco d'ogni prospettiva e centro
d'ogni vertigine? Sgomitano le tue ali
per ogni brezza d'estate, per un fiore
che appare improvviso, per una quiete
accennata tra le fronde, per un silenzio
che sgomenta, tu diaframma tra cielo
ed inferno, fragile calice della mia vita,
anima mia.

1 settembre 2009 

Alla prossima
Grillo Sognatore

lunedì 6 febbraio 2012

Ripartenza

Bello riavere il proprio blog: questo di Blogger mi sembra pure più bello, ci posso aggiungere le pagine, si può rispondere ai commenti, insomma mi sembra proprio carino!
Spero che diventerà una buona "casa virtuale" per il mio cervello, dove sbrogliare un po' le matasse dei miei pensieri ingarbugliati.
E spero pure che ci sia qualche lettore! Io faccio del mio meglio perchè chi capiti qui non si annoi più di tanto, perchè trovi degli spunti interessanti e anche perchè, magari lasciando un commento, mi consigli qualcosa lui/lei e mi indirizzi verso strade nuove.

Non ricordo più precisamente dove ho sentito per la prima volta la frase "l'imprevisto è la sola salvezza", ma la trovo di giorno in giorno sempre più vera: quindi speriamo che questo blog sia fonte di tanti e positivi imprevisti!

Alla prossima
Grillo Sognatore

venerdì 3 febbraio 2012

Repost: Strane ricorrenze: Montale e Calvino / 26/09/2011

Da poco ho scoperto esserci la ricorrenza della morte di due dei miei miti: Eugenio Montale e Italo Calvino.

Mi sorprende ogni volta pensare a quanto questi due autori, da soli, abbiano rivoluzionato la mia vita, il mio modo di pensare, la mia "visione del mondo" (ce ne sono anche alcuni altri, ma questi sono i due italiani principali).

Entrambi, pur appartenendo a due campi diversi della letteratura, e pur avendo idee diverse sul suo statuto, avevano un grande punto in comune: la percepivano come dialogo continuo con il lettore. Anche Borges era così, e infatti dopo i primi due ho scoperto lui, ma questa è un'altra storia. Calvino e Montale mettevano a nudo le loro stesse contraddizioni, comunicando sempre, tra le righe, che quello che si stava leggendo era frutto di un uomo come gli altri, che il gioco sfrenato della fantasia (nel caso di Calvino) o l'analisi lucida e impietosa della realtà (come in quello di Montale) non dovevano mai far dimenticare che quella era una pagina, un foglio di carta scritto da qualcuno, e che questo qualcuno si sbagliava.

All'inizio (anch'io ci ero cascato) sembrava che peccassero di eccessiva umiltà: mai sottovalutare l'importanza dell'understatement, del "profilo basso": anche Manzoni seppe darcene un esempio illuminante ("quei miei venticinque lettori"... ahahah). I grandi si riconoscono, appunto, solo quando, leggendoli la terza, decima, ventesima volta, sanno svelare sempre dell'altro, qualcosa che non si vedeva (o non volevamo vedere) nella lettura precedente. Dico la terza, perchè una seconda lettura non si nega mai a nessuno, nemmeno a Harry Potter; ma dalla terza in poi, è lì che si vede la forza di un classico.

Uff... Potrei stare ore a scrivere su questi due tizi, ma mi verrebbe un pippone così lungo che nessuno si prenderebbe la briga di leggerlo; allora, meglio concludere con fatti e non pugnette, cioè con una bella citazione, di Calvino perchè lo amo un po' di più ultimamente (ma oscillo, a seconda dei periodi). Questa qui l'ho messa sulla bomboniera che ho dato agli invitati della laurea: è l'explicit del Cavaliere inesistente, forse il suo miglior romanzo (ma anche qui, dipende dai miei periodi): Bradamante, giovane guerriera, decide di lanciarsi a
capofitto in un nuovo amore, l'ultimo forse e definitivo, e si chiede che ne sarà di lei.

Ecco, o futuro, sono salita in sella al tuo cavallo. Quali nuovi stendardi mi levi incontro dai pennoni delle torri di città non ancora fondate? quali fiumi di devastazioni dai castelli e dai giardini che amavo? quali impreviste età dell'oro prepari, tu malpadroneggiato, tu foriero di tesori pagati a caro prezzo, tu mio regno da conquistare, futuro...

Alla prossima
Grillo Sognatore

Repost: Riflessione sull'11/9... due giorni in ritardo / 13/09/2011

Viene difficile non pensare, con Montaigne, che la filosofia, se dimostra qualcosa, subito può dimostrare anche il suo opposto, e che essa non è altro che l'insieme di tutte le “nostre fantasticherie”; così restiamo appesi a mezz'aria sul filo delle nostre convinzioni, che alla fin fine non sarebbe un ripiego neanche tanto brutto, se non fosse che siamo così inclini alla violenza.
Allora mi chiedo se non c'è un modo per venire a capo di qualche verità incontestabile, tale che possiamo metterci l'anima in pace e fare una vita di amore, sesso, lavoro e cibo in tranquillità, conditi da qualche fantasticheria solo di tanto in tanto, a tempo perso, che alla fine sono le cose che ci riescono meglio.


Questo pensiero è tanto più strano quanto più penso che mi è venuto in mente proprio oggi, senza pensare tanto alla ricorrenza, si vede che avrà lavorato su di me inconsciamente. Avevo 14 anni ed ero in macchina a leggere Topolino quando passò la notizia in radio, per me fino ad allora la cosa più tremenda che fosse successa era la recente elezione di Berlusconi, poi mi feci un'idea del perchè, e come, scoppiano le manie collettive, e ho cominciato a non vedere più come tanto assurda l'ascesa di Hitler: come diceva il buon Luigino, basta attaccare la coda al mostro e subito ci sembrerà non più mostruosa ma naturalissima, quale doveva essere appartenendo a un mostro tale. L'umanità non è scema, ma solo bisognosa d'affetto: ognuno sta solo sul cuor della terra e soffre tantissimo di questa solitudine, e viene più facile sentirsi accomunati agli altri quando si ha un nemico. Una volta ottenuto affetto, comprensione, calore, si è disposti a tutto pur di non perderlo: anche a sacrificare, un pezzettino alla volta, il proprio intelletto, il senso critico, la libertà. L'esistenza delle dittature è il segno lampante di quanto l'uomo non sia fatto per essere solo, per fare del male ai suoi simili: li ama così tanto che è disposto a sacrificarne qualcuno per poterne conservare la maggior parte. Stermina nel presente, pur di non dover più torcere un capello a nessuno nel futuro. Ma questa non è un'aberrazione della quale si può dare la colpa alla secolarizzazione, alla “perdita di sacralità”: quando tutto era sacro, da ogni parte si era disposti a profanare, il che era come dire che nulla lo era veramente. Ora che nulla lo è ufficialmente, si sono inventate altre ragioni per poter stuprare la realtà, e in più sono aumentate le armi a nostra disposizione e i mezzi di comunicazione sono più efficaci che mai non solo nel riprodurre e testimoniare la realtà, ma anche nel distorcerla: per questo ci sembra di stare precipitando in un baratro senza fine. Ma non dimentichiamoci che siamo quasi sette miliardi, e possiamo ridurre una città al caos semplicemente spegnendo un interruttore, e martellare la popolazione mondiale su un problema minuscolo fino a farlo diventare enorme. Quello che è aumentato è la nostra possibilità di fare del male in maniera più efficiente e veloce, il modo di propagarlo insomma, non la nostra volontà di farlo: quella è rimasta la stessa, ed è quello il nodo da sciogliere.

Domenica 11 settembre 2011

Mi rendo conto di aver detto troppe cose insieme, ma ora che ho riletto mi sembrano impossibili da separare: dovrei parlare separatamente dell'attentato, delle sue cause, delle sue conseguenze, del perchè delle dittature, del male insito nell'uomo, della possibilità dell'esistenza di un dio, etc etc, ma ognuno di questi argomenti richiederebbe un saggio, e anche abbastanza corposo; magari fra qualche anno avrò voglia e tempo per farlo, ma non ora!

Alla prossima
Grillo Sognatore

Repost: Rogito, ergo sum. / 12/09/2011

Una casa nuova, mille problemi.

Solo per trovarla, non vi dico... magari chi ha qualche primavera più di me sulle spalle lo sa già, ma è un casino.

Comunque, una promettente ha accettato la nostra offerta. E' inquietante, il mobilio è rococò in legno scolpito, tinte tiepoliane (rosa, verdino, celestino, bianco panna), tutta piena di santini e madonne, ritratti di Padre Pio eccetera, era abitata da una signora di 92 anni che ha deciso di venderla (è ancora vivente, l'arzilla donzella).

Inquietante, vi dico. Ce la venderebbe con il mobilio e tutto. Noi ringraziamo, perchè così ci risparmiamo di andare avanti e indietro all'IKEA per comprare tutto dalla A alla Z, ma ovviamente sappiamo che alla primissima occasione ci sbarazzeremo di questo kitschume e prenderemo dei sani e funzionali mobili per poterci schiaffare libri, vestiti, scarpe e cianfrusaglie, la riempiremo di specchi per farla sembrare più grande (55 metri quadri non è che siano una reggia) e daremo una ritinteggiata ai muri giallini... poi cambieremo i lampadari stile Impero che ci sono in ogni camera, corridoio compreso. Solo il bagno è salvabile (anzi, davvero bellino) perchè è stato rifatto da pochi anni).

Comunque, sembra di avere un'ancora, la salvezza a portata di mano, la stabilità tanto agognata...

Ma, in realtà, a me non è che me ne freghi più di tanto. Ormai sono abituato a fare un trasloco ogni 7-8 mesi, da circa tre anni, e mi sta pure bene; anzi, ho conosciuto un sacco di gente e ho imparato ad amare Bologna, quindi il trasloco mi ha fatto bene, è stato una cura rigenerante, ogni volta quel rivoltare la propria vita, gli oggetti accumulati, ricatalogarli e decidere cosa andava salvato e cosa no, cosa veniva sommerso negli scatoloni " di Serie B" (alcuni dei quali sono ancora chiusi da due anni) e cosa invece emergeva o ri-emergeva (ho ritrovato alcuni vecchi manoscritti sui quali mi sono rimesso a lavorare, per esempio, e vecchie poesie abbozzate che ho completato, a distanza di 4 o 5 anni), per trovare degna sistemazione nella nuova casa.

Il compromesso, la provvisorietà, ma anche l'ingegnosità e l'adattabilità sono state mie compagne fedeli; ho imparato che non esiste tanto una buona o cattiva casa quanto una buona o cattiva volontà di abitarci. Ho fatto diventare una reggia perfino un buco fuori città; mi è bastato riempire scrivania e scaffali dei miei libri, prendere qualche foglio o accendere il computer e mettermi a scrivere, e poi le condizioni della cucina, del bagno, la posizione dell'appartamento, l'esposizione, la rumorosità dei vicini, il quartiere malfamato, sono passati in secondo piano.

Ed ora, invece, mi si prospetta di "fissare" il mio guscio. Sono un paguro alla fine della sua corsa: d'ora in poi, sarà la casa che dovrà adattarsi alle mie esigenze. Ne potrò cambiare il mobilio, gli impianti (figo il condizionatore, eh? Fuori ci può essere il Sahara, ma io qui sono al Polo), anche la luminosità se vorrò, e la comodità non dipenderà più da quanto tempo sono disposto a passare per sistemare il mio giaciglio (prendere cuscini e coperte e spostarli dalla camera al salotto, per esempio, nel disperato tentativo di rendere passabile un divano tutto spigoli), ma solo da quanti soldi sono disposto a spendere per comprare un divano o una longue-chaise nuova.
Sarò padrone e non più schiavo, potrò decidere se mettere la televisione lì e il quadro là, e i miei posters troveranno il posto ideale in cui avranno il massimo risalto, non saranno più fissati con lo scotch alle porte o alle ante degli armadi, ma inquadrati e appesi con un solido gancio. Finalmente potrò smettere di cambiare: sarà lei a farlo al posto mio.

E tutto questo mi spaventa, non sapete quanto. Io mi tengo vivo cambiando, non trovo senso in quello che faccio se non nella metamorfosi, nel guazzabuglio vitale, nel brodo primordiale dal quale scaturiscono le energie che fanno muovere i miei neuroni, che mi fanno trovare nuove idee, insomma io vivo se non sto mai fermo; cosa succederà, quando firmerò l'atto di vendita?

Dovrò togliere il punto interrogativo alla frase "Io esisto?", perchè di sicuro esisterò: sarò proprietario di un immobile sito in questa certa via, di un certo valore, prenderò la residenza lì, avrò una rendita catastale... E, poco alla volta, mi affezionerò a quei mobili, a quelle mura, come la vecchia proprietaria ha fatto, fino a non potermene più separare, fino a non poter più concepire quella casa sistemata in un altro modo... perchè corrisponderà al mio Io cristallizzato e mummificato.

Oddio, spero con tutte le forze che non succeda. Lo spero veramente.

Alla prossima
Grillo Sognatore

Repost: La mia avventura teatrale: Epilogo / 09/06/2011

Epilogo
Da adesso in poi
o
Una scelta di (e per la) vita

Ho volutamente lasciato in sospeso una parte di quello che dovevo dire nell'altro post, e cioè di che cosa ci ho ricavato dall'esperienza teatrale.
Parlavo di un mestiere: e questa è l'eredità più pesante (non in termini intellettuali, ma proprio materiali) che mi ha lasciato quest'anno e mezzo di Locandiera, e cioè l'interesse per la regia. Perchè ho scoperto che con il teatro (e in prospettiva anche con il cinema, perchè no) posso fare quello che già facevo con la scrittura, ma su un altro livello: non necessariamente superiore o inferiore, ma qualcosa di altro. Posso "manipolare" le storie che scrivo concretamente, con l'ausilio di corpi e voci, e anche musiche e scenografie, posso creare un rapporto diretto con la gente che si troverebbe a sentire "live" quello che è uscito dal mio cervello, e infine posso veicolare le mie idee a qualcosa che non è più personale ma pubblico: e perciò far sentire con più forza l'aspetto di denuncia sociale e politico che i miei scritti hanno sempre tenuto sottotraccia (anche il perchè di questo è da spiegare separatamente: uhm! questo post mi sta dando tante tante idee. Grazie Ziabeppa). E quindi anche per questo mi piacerebbe potenziare la mia compagnia (dico "mia" solo per praticità: non smetterò mai di ringraziare gli altri co-fondatori, co-registi e co-tutto, nè mi permetterò mai di prendermi più del mio merito, cioè il 10% del totale), e in prospettiva fare una piccola scuola di teatro, e poi mettere in scena i miei testi, e poi scriverne altri, e fare di questo il lavoro della mia vita.

E pensare che fino a un anno e mezzo fa mi piangevo addosso e mi immaginavo, nel migliore dei casi, come co.co.pro di un'azienda qualsiasi, sfruttato e malpagato... almeno invece adesso mi sfrutterò da solo, mi malpagherò da solo, sarò un co.co.pro della cultura a vita, ma almeno con un po' di dignità...

Quindi, dovendo mettere un punto (ma solo per andare a capo) a questa esplicazione/divagazione in cinque puntate, e quindi dire che cosa mi aspetto dal futuro, vi direi: mi aspetto che il teatro faccia sempre più parte della mia vita, fino a diventarne un pilastro e un punto irrinunciabile. E mi aspetto anche che la cultura teatrale venga rilanciata nel nostro Paese, che si trovi un Ministro della Cultura degno di questo nome: non è che non ne abbiamo, di candidati ideali! basterebbe che la politica avesse il coraggio di farsi da parte, per una volta ogni tanto, e che ne scegliesse uno a caso, da Dario Fo a Riccardo Muti passando per un Baricco, un Camilleri, un Olmi, ecceter (sapete che mi è venuto in mente? potrei fare la mia squadra ideale di governo. Ma si, ve la sottoporrò uno di questi giorni e vedremo! ahah). Ma senza allargare il discorso: mi auguro di fare del teatro attivamente e non più passivamente, e spero (e mi sto già attivando in questo senso) di aggiungere qualcosa nella storia mondiale della cultura. Pretenzioso, sicuramente: ma d'altronde senza un minimo di obiettivi non si va da nessuna parte!

Alla prossima
Grillo Sognatore

Repost: La mia avventura teatrale: Parte IV / 08/06/2011 15:25

Parte IV
Bilanci a parte
o
Dell'impossibilità di arrendersi alla corrente

Domandona finale da quattromila miliardi di dollari: che cosa ho ricavato dall'esperienza teatrale?

[Seguono lunghi giorni di riflessione, e infine il suddetto "scrittore" si decide a mettersi davanti allo schermo non avendo ancora trovato una risposta ben definita]

In realtà non so definire la mia risposta, sono sincero: perchè mi sembra di essere ancora nel limbo, a metà tra l'ignoranza totale e la scoperta del nuovo mondo che mi si è aperto davanti. sono nel tunnel, vicinissimo alla luce, ma ancora non ci sono arrivato quindi non so che dire.
Ragion per cui dirò le prime cose che mi passano per la testa e ve le farete bastare.

Ci ho ricavato innanzitutto un sacco di amici: e questo è poco ma sicuro. Gente che prima conoscevo di nome, o che consideravo amici senza in realtà conoscerli davvero (si pronuncia troppo facilmente la parola "amico", quando se ne hanno pochi), e anche infine gente che proprio non avevo mai incontrato nella mia vita, è entrata a farne parte invadendola con una violenza tale che all'inizio non me ne rendevo neanche conto (lo so, sta diventando un clichè questa cosa dell'inconsapevolezza, ma conoscendo meglio il periodo che stavo attraversando, e del quale purtroppo non è rimasta quasi traccia nel blog, comprendereste meglio quello che volevo dire). Cioè, mi sono trovato abbastanza all'improvviso a pensare che queste persone, conosciute da pochi mesi, erano diventate per me indispensabili come e forse anche più di quelle che conoscevo da anni, e che non riuscivo più a concepire la mia vita senza loro.

Poi ci ho ricavato un hobby: cioè la recitazione. Fino ad allora avevo sempre pensato che mi sarebbe piaciuto recitare, ma non avevo mai concretizzato (per pigrizia soprattutto, e anche per poca autostima), e invece adesso mi piace pensare a me come a qualcuno che calca le scene, anche se amatorialmente. Il perchè, le mie convinzioni che ho maturato sul mio "ruolo" di attore meritano di essere approfondite a parte, ma sintetizzando in una frase: ho scoperto che mi piace perchè mi aiuta a rompere le mie barriere mentali e a farmi evolvere, e a rendermi cosciente della mia evoluzione. Cosa che faceva già la scrittura; la recitazione ha agito (e continua ad agire) come catalizzatore che ha accelerato questo processo.

Poi ci ho ricavato un vero e proprio interesse letterario: sarebbe a dire che hanno cominciato a venirmi delle idee di sceneggiatura, e che ho cominciato a buttarne su carta qualcuna, e avendo già ottenuto dei pareri positivi ho continuato. Quindi è come se la mia anima letteraria, che immagino sempre come un polipo, avesse acquisito un tentacolo in più.

E infine, se dovessi rivelarvi il mio desiderio più oscuro e profondo, ci ho ricavato quello che potrebbe diventare il mio mestiere: ma questo sarà l'oggetto dell'epilogo, ergo non lo approfondisco.

E comunque sento che tutto questo non basta ad esaurire quello che ho raggiunto ed è un bilancio solo delle apparenze, dei dati materiali: perchè ci ho anche ricavato qualcosa di grande come persona, qualcosa che mi ha fatto crescere e sentirmi più a mio agio con me stesso, più sincero, più critico anche. Non so di che cosa si tratti, potrebbe essere semplicemente l'esperienza, il fatto di aver fatto qualcosa di nuovo e di essermi sperimentato in una parte di me sottovalutata, ma neanche questo basta a fare un bilancio.

Forse (ma è una cosa che mi è balenata in mente adesso, eh, non la prendete come oro colato) quello che mi ha reso più forte in assoluto è stato il rendermi conto che stavo facendo qualcosa in controtendenza rispetto al mondo circostante, un atto di rispetto verso l'intelligenza umana e anche di ribellione al potere costituito. E cioè: in un mondo sempre più scemo, ma con una élite intellettuale che non tollera intrusioni e amatorialismi, e in un Paese che denigra sempre più il suo settore culturale, ecco che siamo andati a ripescare, in maniera assolutamente gratuita e disinteressata, un testo del Settecento e l'abbiamo reso nostro, l'abbiamo amato come se scritto apposta per noi, come dovrebbe essere l'obiettivo del teatro. Ci siamo innamorati della bravura di Goldoni, ma l'abbiamo anche criticato decisamente, e abbiamo fatto si che questa storia parlasse anche un po' di noi. Ossia, abbiamo
fatto esattamente il contrario di quello che si fa di solito: o si propongono solo testi e spettacoli "pop" (come se si potesse parlare di modernità solo e soltanto usando il linguaggio della modernità), oppure si mantiene un rigore filologico assoluto e si porta in scena il testo com'è, virgole comprese, irrigidendo lo spettacolo e rendendolo morto, freddo, buono solo per compiacimenti intellettuali. Dimenticando che il teatro ha la sua ragion d'essere solo se è una cosa viva, e se parla della vita: altrimenti chiunque può leggere il testo della Locandiera e prendersi il suo piacere storico-letterario, ma non è la stessa cosa.
E poi l'abbiamo fatto in barba e in spregio ai tagli della cultura, organizzandoci da soli, pagandoci tutto, facendoci pubblicità, stampando solo DUE locandine (il resto era sul web), e portando in sala tra le 100 e 200 persone (ora non mi ricordo preciso), a dimostrazione che non solo la cultura interessa alla gente e non è quindi un peso morto del PIL, ma che dà da mangiare: le entrate (quasi interamente devolute alla parrocchia che ci ha ospitato) sono state il quintuplo delle uscite. Uno schiaffo morale a quel cretino di Bondi e a quello stronzo di Tremonti, e a tutti quelli che vogliono rendere la cultura un marketing per salvarla dai tagli. Non insisto oltre su quest'argomento perchè ho già scritto abbastanza e c'è troppo da dire.
Quindi andando avanti ci siamo resi conto che stavamo non solo facendo un atto gratuito per noi stessi, ma anche per la gente che ci vuole bene, e per gli Italiani, e per il mondo, e che stavamo andando, in maniera invisibile ma costante, contro l'entropia e l'ignoranza del postmoderno, aggregando dove la società vuole parcellizzare, valorizzando dove la società vuole svalutare. Forse questo, e soprattutto il fatto di esserci riusciti, mi ha reso felice e voglioso di continuare sempre più in alto.

Oh, mi ha fatto bene scrivere random, perchè sento di aver trovato finalmente una sintesi per fare il bilancio della mia esperienza: cioè che mi ha insegnato che opporsi alla corrente paga, e che dà una soddisfazione incredibile anche se i risultati sono minuscoli, e che ti fa sentire una persona vera dalla cima dei capelli alla punta dei piedi.

Che bello! Sono proprio soddisfatto. Adesso anche quest'uggiosa giornata senza Franca, piena di nuvole e umidità, mi sembra più bella. Ho trovato un altro pezzo del puzzle di me stesso.

Alla prossima
Grillo Sognatore

Repost: La mia avventura teatrale: Parte III / 06/06/2011

Parte III
Stairway to Heaven
o
Meglio di Schwarzenegger

Capitolo spinosissimo: qual è stata la mia esperienza?
Difficile dirlo così su due piedi, anche dopo aver affrontato i due punti precedenti. Un po' perchè è tutto terribilmente intrecciato, e un po' di risposte le ho già date prima, un po' perchè, come già detto, la maggior parte del tempo mi sono immerso nell'avventura senza riflettere, aumentando di giorno in giorno il carico come fa un buon bodybuilder, ma in maniera così inconscia che quando mi ero "fatto i muscoli" mi sono voltato e ho pensato "ma come cavolo ho fatto ad arrivare qui?".
Se dovessi dirvi anche solo un giorno preciso in cui mi sono reso conto che stavo cominciando a recitare bene, non saprei quale scegliere: sta di fatto che circa un mese o due prima dello spettacolo mi sono messo a pensare che avevo cominciato davvero a recitare, che l'abito dell'attore mi era diventato una seconda pelle; e non parlo tanto di abilità acquisite (quelle restano comunque mediocri, non pretendo di essere diventato un Gassman così), ma della volontà di portare agli altri un messaggio attraverso le parole e i gesti, e non più soltanto attraverso la parola scritta. Perchè fino ad allora credevo che la mia "missione", il mio scopo nella vita per così dire, fosse quello di comunicare attraverso dei testi, fossero poesie, racconti, romanzi o articoli di giornale (per la verità pensavo anche a teatro e cinema, ma in veste di sceneggiatore, non di regista): in breve, credevo che il mio lavoro dovesse consistere nel raccontare delle storie o esprimere opinioni sul mondo a partire dallo stampato.
Con quest'esperienza del teatro ho scoperto invece che questa mia anima andava completata, che mancava un pezzo del puzzle, l'espressione corporea e personale, appunto.
Non negherò che è stato davvero difficile: all'inizio ero un pezzo di legno, e non ero per niente abituato a fare cose contrarie ai miei principi, offensive degli altri, o semplicemente lesive dello spazio privato: per fare l'esempio più lampante, in scena dovevo prima odiare e poi amare appassionatamente una delle mie migliori amiche; ebbene, nessuna delle due cose mi riusciva! Perchè, oggettivamente, nei confronti di lei non nutro nè astio nè amore, quindi come poteva riuscirmi naturale? E questo valeva per gli altri, ovvio: dovevo fare lo sbruffone con un uomo molto più grande di me, teatralmente più esperto, e che con la sua esperienza mi metteva in soggezione; e poi dovevo fare degli affondi di spada con un altro amico mio, io che ho paura a tenere in mano un coltello. Insomma, tutto mi sembrava fuori dalla mia portata. Poi, però le cose hanno cominciato a diventare familiari, e ce l'ho fatta. Come?
Per farvela breve, ho scoperto che sul palco si è contemporaneamente onesti e disonesti: onesti perchè si esprime l'Uomo a prescindere, l'umano, il fondo che è in tutti noi (emozioni, paure, aspettative, eccetera), anche se per farlo si è costretti ad essere disonesti sul piano delle parole o delle espressioni o delle idee.
Più si è onesti, più cioè si mette a nudo la propria anima con tutto il proprio groviglio di esperienze, più si può fare qualunque cosa sul palco: e così lì, nel finale, sono stato anche capace di odiare quella che è la mia migliore amica, perchè in quel momento mettevo sulla scena il mio odio personale contro i disonesti, gli ipocriti e i malvagi. E sono stato anche capace di amarla e sottomettermi a lei, perchè stavo mettendo in gioco il mio amore e la mia capacità di prendere a calci il mio orgoglio quando voglio bene a qualcuno. Insomma, se si isola l'emozione in sè, poi si è capace di "dirottarla" verso tutto quello che si vuole.
Questo per quanto riguarda la mia esperienza da attore. Ma, come detto, questo gruppo è nato con un'indole così anarchica e collaborativa che mi sono trovato, come tutti gli altri del resto, a fare un po' di tutto, dallo scenografo al regista allo sceneggiatore (ognuno modificava le proprie battute, ma io ed Ilaria ci siamo preoccupati anche di suggerire dei tagli e delle modifiche globali, e spesso ci abbiamo visto giusto), passando per il costumista (anche lì, ognuno faceva per sè, ma io e la suddetta Ilaria abbiamo "nosato" in ogni dove in cerca di vestiti a poco prezzo), il truccatore (a onor del vero: il "suggeritore di idee per il trucco") e il manager/pubblicitario (ho fatto un passaparola che ve lo dico), fino in extremis al grafico per la locandina (fortunatamente scartata e poi realizzata dalla valente Carlotta, ché la mia sembrava un necrologio...). E qui cos'è stata la mia esperienza?
A saperlo... ho fatto così tante cose che a volte Ilaria mi dice: "ma ti ricordi di quando..." e io: "no, boh, veramente, l'ho fatto io? Ma dai..."; sono stato un factotum e, a giudicare dal risultato scarsino dal punto di vista attoriale, ma buono in generale), direi anche bravino. E mi sono divertito un sacco, se lo volete sapere: soprattutto nell'ultimo periodo, quando tutto sembrava andare a scatafascio e non eravamo nemmeno sicuri di poter fare tutte le scene di fila, io ero preoccupato, si, e tantissimo, e nervosissimo, e ansiosissimo, ma in
fondo in fondo divertito e quasi spettatore di me stesso e delle mie nevrosi, perchè la storia di come abbiamo costruito questo spettacolo e delle ultime tre settimane di prove meriterebbe di essere portata sulle scene in sè, per quanta vita c'era lì dentro: dall'isterica che urlava solo a toccarla al serafico impossibile a smuovere, dal pignolo anche cinque minuti prima dell'apertura del sipario a quella che si ritrova afona due giorni prima della messa in scena, eccetera eccetera. Un campionario da tragicommedia che da solo mi basta per due o tre romanzi (e infatti ho cominciato ad abbozzarne uno).
E in tutto questo uno spettatore semi-ignaro di quello che capita che si trova nel bailamme e ne ride e scherza: questa, in soldoni, mi sembra la mia esperienza nel gruppo; che cosa poi ne abbia tirato fuori, beh questo è un altro capitolo e aspetterete un po'.

Alla prossima
Grillo Sognatore

Repost: La mia avventura teatrale: Parte II / 04/06/2011

Parte II
Un Cavaliere senza macchia e senza paura
o
Dell'importanza di essere (dis)onesti

Il mio ruolo all'interno della Locandiera era quello del Cavaliere di Ripafratta: un uomo che odia il genere femminile perchè lo ritiene fonte di tutte le disgrazie, corruttore degli animi e capace solo di manovre subdole per ottenere ciò che vuole, in pratica uno strumento del demonio in terra. E ha fottutamente ragione: perchè gli capiterà davanti proprio l'incarnazione di tutti questi mali, nella figura di una sola ed unica donna, Mirandolina, che gli prenderà il cuore e lo userà come un giocattolino, per poi gettarlo quando rischierà di farsi male.
E non è nemmeno interessata: non cerca il suo denaro o dei titoli o chissàchè; no, lo fa per scommessa con se stessa. Quindi un atto di male gratuito, una bastardata dall'inizio alla fine. Mirandolina, a dispetto del suo nome così grazioso, è proprio una stronza.
E qui viene il problema: cioè io non solo non avevo mai recitato, ma ero anche completamente in disaccordo con le concezioni del personaggio. E allora mi direte: "ma perchè ti sei deciso a fare questo ruolo?".
Potrei rispondervi in molti modi: perchè volevo sperimentarmi; perchè non c'era nessun altro disposto a farlo; perchè ero la persona giusta per quel ruolo a dispetto di quello che ne pensavo; ma sarò completamente sincero, e vi dirò che mi ci sono trovato invischiato. E cioè: all'inizio non avevo la minima idea di quello che stavo facendo. Mi sembrava naturale che, dato che io ed Ilaria avevamo creato il progetto, prendessimo per noi i ruoli principali. Lei fu d'accordo, e quindi io mi sciroppai il Cavaliere. Ma della trama e del testo della Locandiera non avevo che vaghi ricordi da liceale, e quando mi misi a leggere il testo cominciarono a venirmi dei piccoli dubbi. "Ma siamo sicuri che potrò fare la parte di uno così stronzo, e che poi diventa il cagnolino di una donna che odiava?". Difatti non ce la potevo fare, all'inizio: ero un caso disperato. Ilaria e Matteo (il nostro Decano, che era il Marchese di Forlipopoli. Una persona squisita che non ringrazierò mai abbastanza) possono confermarlo: ho cominciato proprio come un pezzo di legno, non sapevo andare avanti se non ricordavo la battuta, e soprattutto quando dovevo dire qualcosa che non condividevo non riuscivo a tirarci fuori la minima emozione. Per di più, mi bloccava il fatto di prendere così confidenza con i corpi degli altri: dovevo spintonarli e tirarli, e non mi veniva per niente naturale. Insomma, più di una volta sono stato tentato all'inizio di rinunciare al mio ruolo e prendermene uno secondario. Non l'ho fatto solo perchè comunque mi piaceva essere sempre al centro della scena (il mio egocentrismo maledetto!) e anche perchè comunque credevo sempre di star preparando uno spettacolo di livello infimo, quindi anche se avessi recitato alla cacchio nessuno mi avrebbe detto niente.
Ma con il passare dei mesi cominciai a prenderci gusto, e piano piano qualche singolo pezzettino mi venne bene, diciamo il 10%. A fronte di un 90% che non mi riusciva per niente, però, mi posi seriamente la questione, perchè nel frattempo erano successe due cose: innanzitutto avevo capito che stavamo puntando a un livello di recitazione medio-buono, e poi già per l'impreparazione un po' di tutti avevamo rimandato. Non volevo che per colpa mia dovessimo rimandare ancora o mettere su una cosa arrabattata. Quindi chiesi formalmente di cambiare.
Ma, sorprendentemente, tutti rifiutarono! E perchè? Perchè dissero che, in quel 10% di buono che avevo fatto, c'era l'essenza del mio personaggio, e che si trattava di estenderla al resto. Insomma, mi dettero una bella siringata di ottimismo. E da quel momento in poi effettivamente, con l'aumentare della fiducia in me stesso, mi resi conto che tutto è possibile: finchè non mi successe, durante le prove, di fare una certa scena in maniera così naturale che mi sentii davvero come se la stessi vivendo e non come se di fronte a me avessi le sedie del pubblico. Allora capii che dovevo continuare così. E arrivai perfino ad improvvisare sulla scena, durante lo spettacolo: avevo dimenticato completamente il mio monologo, e me ne uscii fuori con una sparata che fu utilissima e sbloccò la situazione. Ma questo ho deciso che lo racconterò a parte perchè è un aneddoto troppo gustoso.

Intanto, con questo credo di aver esaurito la seconda annosa questione.

Alla prossima
Grillo Sognatore

Repost: La mia avventura teatrale: Parte I / 03/06/2011

Parte I 
Come Venere dalle acque
di come genio e sregolatezza possano convivere fino ad un certo punto

Dunque... la risposta alla prima domanda: ho lavorato in una compagnia teatrale?
Lavorato mi sembra la parola giusta (se considero il mazzo che mi sono fatto soprattutto negli ultimi mesi): ma cambierei la preposizione. Se penso alla mia esperienza, direi che ho lavorato "per" la compagnia, in quanto umile servitore e via via più appassionato (co)regista.

Partito come vi ho raccontato nel prologo, cioè con l'idea di uno spettacolo "one shot" da recitare davanti ad un pubblico di amici, arrabattando scenografia e costumi e anche recitazione, magari recitandolo in un qualche giardino o locale privato (un garage, una cantina, cose così), in realtà non avevo la minima idea di cosa fare. E soprattutto non avevo la minima idea di chi mi trovavo di fronte: la suddetta Ilaria, che - come già detto - ancora non conoscevo bene.
Non sapevo, nello specifico, che conoscesse di tutto di più, e che fosse in grado di trovarci una sala prove, un vero teatro, dei costumi, e anche degli altri ottimi attori; non sapevo di aver appena lasciato a briglia sciolta una formidabile predatrice. E così i primi mesi ha lavorato soprattutto lei, mentre io continuavo a pensare che, dopo un paio di mesi di prove, avremmo sollazzato gli animi dei nostri compari di merende con un'oretta e mezza di strafalcioni e battute dimenticate.
E invece no. Abbiamo cominciato a provare e lì la realtà ha cominciato a diventare complicata, intricata, la trama era ben diversa da come la ricordavo, le scene più di 60, e i personaggi non 4 o 5 ma 10. Gulp! Eppure non mi ero ancora reso conto di quello che stava succedendo. In maniera del tutto inconscia, mentre attraversavo una grave crisi personale, mi buttai anima e corpo nella logistica, nel tentativo di rendere più razionale la nostra organizzazione (perchè nel frattempo il "preventivo tempi" si era allungato da due a sei mesi): quando Stefano, il nostro valente tecnico informatico, ebbe creato un forum a nostro uso, mi misi ad utilizzarlo e propagandarlo; poi creammo un calendario delle prove; decidemmo orario e giorno precisi; e avevamo ogni volta una scaletta delle scene da provare. A onor del vero, per utilizzare al meglio questi strumenti abbiamo avuto bisogno di mesi, e ci siamo veramente riusciti solo negli ultimi 20 giorni. Ma comunque li creammo.
E poi cominciai a fare pubblicità strisciante ovunque, dagli scout al coro, ai miei colleghi universitari, ai miei amici a MT; e mi germogliò nella testa il pensiero che quel gruppo avrebbe potuto diventare qualcosa in più (sempre inconsciamente), quindi organizzai cene, uscite, etc etc.
Passati cinque o sei mesi (il preventivo si era allungato ancora di altri tre), uscito dalla crisi mistica, passata anche la mia laurea, insomma con il cervello più libero e lucido, detti un'occhiata indietro e mi resi conto che avevamo costruito dal nulla qualcosa che poteva diventare davvero bella e grande, che però era ancora in un limbo informe. Per di più, incombevano gli spettri della stanchezza e della sfiducia, e infatti uno di noi ci disse bye bye, e fummo costretti a trovare un rimpiazzo, quando ormai mancava pochissimo (quindi preventivo allungato di altri tre mesi); e a causa del rinvio, per motivi di lavoro, anche Stefano dovette mollare. Così promuovemmo Filippo, la new entry, al ruolo di Fabrizio, e restò un vuoto da colmare che fu riempito dall'ottima altra new entry Daniele.
Ora, non so come descrivere Filippo se non come un dono del cielo. Allegro, simpatico e pieno di energia, ma anche equilibrato e ragionevole, era proprio la medicina che serviva a guarirci dal pessimismo in cui eravamo entrati. Anch'io cominciavo a sentir scricchiolare la mia fiducia, ma da quando lui cominciò a provare con noi il buio si dissipò.
Diventai un carrarmato: due o tre prove alla settimana, telefonate, sms, email, messaggi sul forum, pubblicità a tambur battente, raid in tutti i mercati per cercare costumi economici (in Montagnola ce ne siamo fatti metà), contatta qui contatta lì, e alla fine don Aldo ci ha dato il suo magnifico teatro, i genitori dei miei lupetti sono stati entusiasti di venirmi a vedere, e perfino mia sorella è venuta da Matera riempiendomi d'orgoglio.
E, nel mezzo del bordello più totale, hanno cominciato a venirmi delle idee. All'inizio erano come delle zanzare che scacciavo perchè troppo impegnato a "lavorare", ma poi mi hanno affascinato. E ho cominciato a buttare giù su carta qualche abbozzo. In breve, una dopo l'altra, ho sviluppato delle idee di spettacolo teatrale "originale" (con tutti i limiti di questo aggettivo), e ho anche cominciato a scriverne uno come si deve, con i dialoghi, le indicazioni di scena, etc etc. Al momento è incompleto ma penso di poterlo completare entro la fine dell'anno.
E il mio entusiasmo per il dopo-Locandiera cominciò ad entusiasmare gli altri; dopotutto squadra che vince non si cambia, no? E allora giù con una specie di campagna elettorale con come refrain "boia chi molla", tanto che alla fine perfino i "rinnegati" (ahahah) hanno pensato di ritornare, pur se con mille dubbi e incertezze.
Io, nel frattempo, sono partito per l'Erasmus, e insieme abbiamo deciso che per ora loro si occuperanno di fare due repliche della Locandiera, e poi metteremo in scena il Sogno di una notte di mezza estate con me come regista. Quindi potete immaginare quanto mi senta via via più impaziente, di giorno in giorno, di tornare a Bologna per ricominciare a lavorare con loro e per loro. E la mia presenza telematica si è fatta onnipresente: creato il gruppo facebook, ampliato il forum, e adesso sto costruendo (con le mie scrausissime conoscenze dell'HTML) il nostro sito, e continuo a reclutare gente in maniera più o meno velata. Insomma faccio il "mandante occulto" della situazione, in attesa di svelarmi e fare il lavoro "in chiaro"; e nel frattempo studio il teatro in maniera più analitica, per esempio sto andando (come spettatore) ad un corso che un mio amico qui sta facendo. In questa maniera mi fornisco di qualche strumento in più, perchè ok la sperimentazione, il caos creativo, però all'atto pratico e nel medio-lungo termine la tecnica paga.

E con questo spero di aver ben risposto alla prima domanda.

Alla prossima
Grillo Sognatore