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domenica 15 gennaio 2012

Repost: Vecchie poesie di Scapolo Simmati, ottobre - novembre 2009

[Nota attuale: ho conservato queste poesie perchè scollegate dalla storia principale: servivano a caratterizzare il passato del personaggio e in molti casi erano rielaborazioni di mie poesie più vecchie]
L'Universo

L'Universo, Padre, svelami,
lasciami guardare per un attimo dai tuoi occhi:
lascia che io, povero figlio, scorga
per un istante la Bellezza che tu sempre vedi;
e capirò, e crederò, fino alla fine dei miei giorni.

Ali

Le ali che tu m'hai donato sono fragili,
sottilissime, ma meravigliose, colorate,
fatte con le tue mani; e servono a me per toccare
la tua fronte quando dormi. Per questo sono
la cosa più bella dell'universo: con esse volo
sul tuo fiato, sfioro i seni, raggiungo il sole,
mi perdo nella notte, scivolo sul pelo dell'acqua.
Tu le guarisci quando cado e se, troppo vicino
al tuo calore, le brucio; non temo nulla finché,
strette le mani alle tue, le sento battere.

E.

Pelle e carne
tendini e ossa
potessero sentirti adesso
quegli sciocchi dei tuoi
non sei più bambina
ma fremono i tuoi occhi
di ciò che non vorrebbero
lasciali innocui sullo sfondo
ci sono io adesso
e ci sei tu
con tutta te stessa
si sente, fidati, si sente
ora più che mai.

Una mattina

Vorrei conservarti per sempre
come se fosse una mattina qualunque,
non un giorno speciale, né uno triste;
ma solo un giorno qualsiasi, pieno
di cose belle e brutte in ugual misura.
Vorrei che di te mi restasse il viso
che hai quando prendi l'autobus,
quando vai a scuola, fai la spesa,
o ti arrabbi per una piccola cosa.
Il segreto dell'amore non esiste: basta
rendere ogni giorno quello che è.

Odi ai Padri
   
 I.
   
Scipione ammirava Annibale
e da lui trasse forza e ingegno per sconfiggerlo;
da noi, ogni parte impara il peggio dall'altra
per poter un giorno sopraffare il popolo.
A tal segno siamo, sommi dèi, che chi comanda
è non più Giove, ma Eris la crudele, che sparge
odio e discordia tra cittadino e cittadino?
Zeus potente, riprendi la folgore in mano,
ricaccia la Perfida nel tartaro profondo.
Torni almeno l'illusione di chiamarci Patria.
   
II.
   
L'elmo, almeno, tu lo avevi,
per difenderti il viso dalla vergogna,
e quest'elmo era la tua virtù. Null'altro
ti schermava, giacché – bene lo sappiamo –
non v'è scudo che basti per la guerra,
o per i serpenti che in pace respirano.
Noi, quest'elmo, l'abbiamo rifuso
per ornarcene le terga: l'unica parte,
o Pericle, rimasta che sia ancora degna
d'avere un qualche valore per la vita.
   
Alla prossima
G.S.

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