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martedì 7 maggio 2013

Book of the week 3 - Il mito colpisce ancora.

Devo scusarmi con voi per aver tradito le consegne così presto (al terzo appuntamento addirittura): mi è capitato tra le mani uno stage, sto mettendo in scena uno spettacolino nuovo, ho fatto la comparsa in un cortometraggio e ho intrapreso una piccola attività di co-sceneggiatura, insomma non sono stato fermo.
Fortunatamente sono tornato e approfittando di qualche giorno di maggiore libertà potrò recuperare il tempo perduto e anche portarmi avanti... anche perché nel frattempo la mia libreria si è arricchita di altri due titoli... Ma vi lascio senza ulteriori indugi alla recensione.

Sir Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville

Mondadori, 2001


Non ricordo assolutamente dove o come l'ho trovato, ma sicuramente è uno dei tanti presi in una bancarella/libreria dell'usato. Copertina gialla, classica. Niente di che. Ma quello che preferisco di questo libro è la carta, quella carta giallognola e porosa da quattro soldi, che mi fa tornare all'adolescenza. Niente a che vedere con i bei libri rilegati, o con quelli che fanno finta di esserlo. Questo è un libraccio da poter stropicciare, e non ne fa mistero. Per questo mi piace. Abbasso le ipocrisie tipografiche.


Bla bla bla, chiacchiere su quant'è bellissimissimo Sherlock Holmes, blablabla. Le ho già fatte l'altra volta e non ci torno sopra. Sherlock grande investigatore della mente umana, no tecnologia, solo cervello, eccetera eccetera.
Quando ho letto Uno studio in rosso l'ho divorato e assimilato in due-tre giorni, e l'ho amato; mentre ho amato un po' meno, sinceramente, Il mastino dei Baskerville, che ho digerito in poco meno di un mese. Ha il difetto, che per alcuni in realtà è un pregio, un po' "christiano" (nel senso di "alla Agatha Christie") di mettere in scena tutti i possibili colpevoli all'inizio, e tra questi, volendo, con un po' di sforzo, si capisce subito qual è quello vero e quali invece sono le "esche letterarie". Questo non toglie ovviamente che ci si diverta tanto, soprattutto nel vedere il povero Watson sballottato come al solito tra le false piste, pedina anche lui (come l'assassino) del gioco paziente e serrato dell'investigatore. In questo romanzo il gioco tra i due è davvero gustoso, con lui "promosso sul campo" per finta che poi "smaschera" Sherlock. Il lettore ci arriva un po' prima di lui, ma questo, semmai, invece di rendere il gioco meno interessante, lo attizza perché si aspetta il momento dello sgamo. Delude invece un po' l'affermazione secondo cui ci si trovi di fronte al "più scaltro e astuto dei nostri nemici". Macché, Arthur... questo qui è un ominicchio, un quaqquaraqquà… ma fammi il piacere... hai saputo inventare di molto meglio. Mettere in bocca quella frase a una mente così geniale è una svalutazione imperdonabile.
Comunque, diamo a Cesare quel che è di Cesare: mi ha divertito parecchio. Me l'aspettavo un po' migliore, ma mi ha regalato comunque qualche piacevole oretta tra un impegno e l'altro. Ora mi rituffo in altre percorsi romanzeschi, lascio stare Conan Doyle per un po', perché mi sta montando l'impazienza di vedere nuovi episodi di Sherlock (la serie TV) e se continuo a leggere 'sti romanzi mi diventerà un'ossessione. 

Alla prossima
Grillo Sognatore

martedì 2 aprile 2013

Book of the week 2 - Nascita di un mito


Sir Arthur Conan Doyle, Uno studio in rosso

Giunti Editore, 1996

Libro fortunosamente trovato tra quelli che la mia biblioteca di quartiere dismetteva a offerta libera, appena due settimane fa. In ottimo stato, gli unici difetti glieli ho procurati io in questi giorni: orecchie, rilegatura allargata, etc (eh si, mi piace leggere con una mano sola, spesso anche in piedi e camminando, quindi piego sempre il libro a metà. Disprezzatemi se volete, non vi posso dare torto).
L'offerta l'ho lasciata generosa, per ricompensare la fortuna. Vedi mai dovesse farmi un'altra visitina.

Da quando, l'anno scorso, ho scoperto la serie Sherlock, mi sono re-innamorato di questo personaggio. Si, il film di Guy Ritchie mi era piaciuto, ma non mi aveva fatto venire voglia di rileggere i romanzi di Conan Doyle, forse proprio perchè la storia era inventata di sana pianta. Quella serie, invece, mi ha riattizzato una fiamma mai spenta. Risale agli anni '90 il mio primo incontro con l'affabile narrazione di Watson, quando mi regalarono i racconti. Non avevo però mai letto un romanzo, e finalmente ora ho potuto gustarlo.
Dal punto di vista stilistico, non c'è da dire granchè: narrazione ancora un po' ottocentesca, con un bel paio di digressioni sul moralistico, tendenza a spiegare anche troppo, e anche (lo dico con una punta di amarezza) deduzioni un po' più banali di quelle che mi ricordavo. Insomma, sono stato un po' troppo viziato dalla serie, con tutti quei momenti al rallentatore, i focus, le sovrimpressioni, gli effetti speciali di ogni tipo mi ero dimenticato di quanto in realtà Holmes fosse flemmatico, riflessivo, e soprattutto a-tecnologico.

Però andando avanti è stato proprio quello che mi ha fatto re-innamorare del personaggio, che mi ha fatto superare la delusione iniziale e mi ha spinto ad andare alla fine del romanzo. Perché il suo potere è la mente, una mente che non si lascia distrarre nemmeno dalla teoria copernicana («Lei mi dice che giriamo intorno al sole. Ma anche se girassimo intorno alla luna che differenza ci sarebbe per me e il mio lavoro?»), non gli strumenti che usa e/o che inventa, ma l'ingegno sottile come un coltello.
E, di questi tempi in cui senza un pc o uno smartphone non si riesce nemmeno ad organizzare una giornata, e senza Google non siamo più capaci di fare una ricerca degli orari ferroviari, quella di Holmes è una grande lezione.

Alla prossima
Grillo Sognatore

venerdì 22 marzo 2013

Book of the week 1: Chi ben comincia... è all'inizio, diamine.

Da qualche parte si deve pur cominciare. L'inizio, uno dei due grandi crucci dello scrittore (l'altro, come potete ben immaginare, è la fine, ma non parliamone ora). Ma non mi voglio addentrare in questo terreno paludoso, sarebbe troppo.

Da qualche parte dovevo cominciare con questo progetto, dovevo prendere in mano un qualche libro e dire: "oh si, è da te che comincio". E quale avrei potuto scegliere? Sarebbe stato meglio buttarsi sul comico, sul poetico, sul tragico?
Ho avuto un pensiero megalomane: la Divina commedia. Ok è vero, non l'ho letta tutta tutta (mi manca qualche pezzo del Paradiso), ma la conosco abbastanza, no? Un po' di più della media di chi dice di averla letta.
"Questo è barare, cavolo!"
Ho detto che avrei recensito cose lette per intero!
"Si, ma la regola n. 8 dice che il lettore ha il diritto di saltare le pag... oh".

E qui, il Nirvana. La rivelazione somma. Il Dado Tratto.

Da qualche parte si deve pur partire, no?
E allora perchè non partire dall'indice, dall'inizio, dal "grado zero" della lettura?
Perchè non scegliere il libro che più di tutti mi ha illuminato su quanto sia bello leggere e prendersi tutte le libertà del mondo, anche nei confronti dell'autore? Quello che mi ha fatto venire la voglia matta di insegnare la letteratura alle future generazioni?

Sto parlando di Come un romanzo, di Daniel Pennac.
E questa è la mia recensione, la prima di questa serie pluriennale che chissà quanto mi sfiancherà. Godetevela. Poco più di trecento parole per descrivere un'opera che ne meriterebbe un fiume (ma trattandosi di un libricino, ed essendo che io non credo che i commenti a un'opera debbano superare la lunghezza dell'opera stessa, è meglio così).

Daniel Pennac, Come un romanzo

Feltrinelli, 2005


Questo libro è stato un dono, in tutti i sensi. L'ho visto sullo scaffale di una mia amica e ho chiesto di cosa trattasse. Mi ha risposto sua madre che era suo, mi ha detto quattro parole, giusto per stuzzicarmi la curiosità, io l'ho aperto e non riuscivo più a lasciarlo. Così lei ci ha scritto una dedica sopra e me l'ha lasciato. Così. Un libro suo, "Tanto poi me lo ricompro". Uno dei più bei gesti che qualcuno mi abbia mai fatto. Non la dimenticherò mai.

Diciamoci la verità, noi lettori desideriamo sempre qualcuno che ci coccoli. Abbiamo una lista di difetti che non finisce più: siamo egoisti ed egocentrici, presuntuosi e pretenziosi, maledetti e maldicenti. Ci piace essere vezzeggiati, titillati, illusi, corteggiati fino all'inverosimile. Siamo il monte più arduo da scalare per gli scrittori. E quanto ci piace, quando si rivolgono direttamente a noi? Una cifra. È un dolce solletico al nostro clitoride mentale.
Al cinema ci spaventa: quando il treno sembra venirci addosso, quando lei guarda dritta in camera, ci sentiamo nudi, e nudi in pubblico non stiamo bene. Ma in privato, quando apriamo un libro e lo spettacolo è tutto nella nostra testa, quella nudità ci piace eccome. Anzi, ci piace farci spogliare in tutte le maniere: brutalmente, delicatamente, un velo alla volta o tutto insieme. Non ci giriamo intorno, è tutta qui la seduzione della letteratura, in uno sguardo che ci viene dalla pagina e ci chiede sempre di più, sempre di più, fino al nostro nòcciolo. Quello che non riesce a darvi questo non è vera letteratura, punto e basta.
Ma questo libro, oh, questo si che lo fa, e lo fa così bene! Pennac ci vuole propinare le sue idee sulla lettura, che è come dire sulla scrittura (ma come se fosse il gobbo che dice all'attrice “guarda in camera!”), e potrebbe scrivere come tutti un bel saggio, oppure un romanzo, e invece no: lui scrive Come un romanzo, e dice già dal titolo al lettore: dai, vieni a leggere, non ti interessa sapere come una cosa può essere “come” un romanzo?
Poi, prima di snocciolarti il suo Decalogo del Lettore (che non vi scrivo perché ve lo dovete leggere), ti costringe a fare un lungo e snodato strip-tease fino a scoprire il perché della lettura: e il fatto che la risposta sia copiata (da Balzac) non toglie il divertimento, allo stesso modo in cui non è che uno strip su You can leave your hat on non sia ancora divertente (provateci e ditemi se non funziona!).
Il Decalogo, in sè, vedete, è il meno in questo libro. Lo si può contestare finchè si vuole, si può dire che è troppo indulgente, che si vede che è stato scritto da un prof semifrustrato, etc etc... ma vi prego, leggetelo, e vi verrà automaticamente voglia di leggere ancora, e ancora, e ancora. 

Alla prossima
Grillo Sognatore

lunedì 11 marzo 2013

Un progetto folle: Book of the week.

Lo so, vi ho fatto aspettare; ma l'attesa è finita. 

Da oggi parte su questo blog un progetto ambizioso, che toccherà le vette dell'alta letteratura, ma anche gli abissi di quella bassissima. Rullo di tamburi... ecco a voi...

Book of the week

Cos'è?

In due parole, è un progetto di vita che mi "costringerà" a fare quello che da anni non ho più il coraggio di fare: ricominciare a leggere quello che mi piace e mi fa bene.

In casa mia, a Bologna, ho 310 libri (escludendo enciclopedie e dizionari). Di questi, 102 sono quelli già letti, 60 quelli che ho cominciato a leggere e per un qualche motivo lasciato a metà, e 148 quelli che non ho mai aperto.

Ebbene, a partire da oggi, mi impegno a scrivere una recensione alla settimana, di almeno 300 parole, di tutti i libri che ho in casa, e di quelli che acquisterò finchè dura questo progetto.

Chi vi partecipa?

Due categorie di persone.
  1. Io: lo scrittore/recensore, che ha i libri in casa e decide quale martoriare o incensare;
  2. voi: che potete suggerire proposte e idee su limitazioni o espansioni del progetto. Valuterò ogni proposta, sbizzarritevi: volete che scriva in rima una volta al mese? Che faccia una maratona fantasy, zombie, thriller? Che mi legga tutta la saga di Twilight? Beh, quest'ultima scordatevela. Ma qualunque altra idea che vi venga in mente va bene. 
A chi è rivolto?

Alle stesse due categorie di persone: a me perchè ho accumulato una marea di libri non letti; e a voi e tendenzialmente al mondo intero, perchè si parli e si riparli anche di libri sui quali "è stato già detto tutto", per scoprire la cosa più ovvia della letteratura: che non si finirà mai di farla e di parlarne.

Finirà mai? E se si, quando?

Oddio, si, spero tanto che prima o poi abbia una fine. Comunque ad oggi, con una recensione alla settimana per 310 settimane, la fine è stimata per gennaio 2020, ma potrà slittare in avanti o in indietro perché:
  • arriveranno altri libri (e allora si sposta in avanti);
  • potrò accorpare recensioni per autore o tipo (e quindi retrocederà).

Non esistono, per ora, altre linee-guida, ma si fa sempre in tempo ad aggiungerne. Commentate e vedrete!

A lunedì, per il nostro primo incontro
Grillo Sognatore