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domenica 15 gennaio 2012

Repost: Il Cazzeggiatore - Canto III / 11-03-2010

CANTO III
Stanze I – VIII

Che rinculo, ragazzi, che non vi dico!
E sottolineo “rinculo”, non già pel gusto
che rendea Adalgiso ciò ch'era, ma perchè
sbalzati fummo d'improvviso sulle squame,
sì che le chiappe urlaron di dolore furenti.
Dico che sedermi non potei normalmente
per lungo tempo d'allora, e furon guai,
e stridor d'ossa e denti. Ma passiam oltre.

Ma che dico? Passiam oltre? Le natiche,
quelle nobil semisfere che 'l buon Segnore
dotato m'avea in una sì bella forma – tanto
gentili e tanto oneste, che sempre svolgean
il lor mestiere! O che goduria ogne volta
appoggiarle in sulla tazza del netto water! –
Ahimè, quelle dolci, amene, soavi rotondità,
che sempre mi furon fedeli, son acqua passa.

Ridotte ormai, tra piaghe e severe cicatrici,
ad arance butterate da grandine e piovasco,
pendon flosce – maledetto sia quel drago! –
appese sui fianchi, ridondanti come scamorze.
Oimè, oimè, dovrei obliar esta triste vicenda.
Ma pur non posso! Sol mi capisce chi, preso
nell'umido budello il baston ch'altrove si ficca,
pur gode in baldanza... e più non dimandate.

Volammo; questo è sol che poss'io dirvi;
e volammo più leggeri di piuma, più rapidi
di freccia che d'arco scocca, più presti ancor
d'una notizia che vola di bocca in bocca,
più spinti d'un missil a reazione idrogenata,
più di più che deppiù nun se po dì! Tanto che,
in un battibaleno, ci trovammo in su nel ciel,
tra 'l blu dipinto di blu. E mi parea, meraviglia,

che le stelle ammiccassero, languide, tenere,
splendenti più di marmo paro... scambiandosi
baci e serene carezze in brillii luminescenti;
e che 'l Sol, severo e maestoso, le mirasse
quasi a commoversi menando un gran peto,
una colonna di foco che sul medesmo ricadea;
e le nubi, che sfrecciando noi attraversammo,
bucate come da tappo di champagne restar.

Ragazzi, più io nol so descriver; bastavi saper
che pel momento scordommi del chiappeo dolor,
e mirai a bocc'aperta est'ispettacolo. Tanto che,
per codesta mia distrazion, un picciol meteorite
mi centrò la gola, e finimmi in croce, e fecemmi
tossir come fumator da molte primavere consunto.
Ahi che dolor! Immaginate una povera pietruzza
scagliata a folle velocità nel cielo, che mi becca

giusto il gargarozzo, che mi resta incastrata
tra faringe ed epiglottide, che non se po' levar,
che paonazzo, violaceo, multicolor mi rendea
'l bel sembiante, che offuscar mi facea gl'occhi,
che mi rimembrò disusate bestemmie, che aprì
le porte per un attimo dell'Aldilà, che nel tunnel
veder mi fece una lucina, finchè per mia ventura,
o per abilità, l'ingoiai, e sen persero le tracce.

Ma nel frattempo, mentr'io quasi soffocavo
e niun disgraziato se n'avvedeva – tutti intenti
a rimirar le stelle, quei fetenti – 'l buon Adalgiso
stanco forse per la lesta partenza, s'appropinquò
ad un pianetino, tondo e rigonfio e bizzarrissimo,
per poter fare sosta e recuperar il suo gran fiato.
Quivi, discesi a far riposar anche noi 'l culetto,
d'inante sbucar vedemmo una bionda testolina.

Di chi sarà mai questa bionda testolina? Su quale strano pianeta sono capitati i nostri eroi? E soprattutto, quando mi deciderò a continuare questa storia? Tranquilli! Da adesso il poi prevedo aggiornamenti almeno settimanali... stay tuned!

Alla prossima
Grillo Sognatore

P.S. la prossima volta torno alla narrativa pura, non ho ancora deciso se con il primo pezzo "utopico" o con un raccontino di quelli svelti svelti, alla Calvino primo periodo. In ogni caso sarà qualcosa in prosa.

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