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domenica 15 gennaio 2012

Repost: [Post su/di Scapolo Simmati, marzo-aprile 2009]

[Nota attuale: metto qui tutto insieme il materiale sulla storia del mio alter ego, Scapolo Simmati. Non sto a spiegare tutto qui perchè quando smisi di utilizzarlo scrissi una spiegazione, che trovate qui: link]

L'altra notte si è spento un mio carissimo amico, Scapolo Simmati.
Non posso ora descrivere tutto ciò che lo riguarda (nè l'avrebbe voluto: rifuggiva le autocelebrazioni, e la sua stessa fine lo dimostra). Ci siamo conosciuti alle medie, e da allora è stato un continuo scambiarci idee ed opinioni.
Io non l'ho mai capito. Aveva un modo assolutamente suo di vivere, e mi è quasi impossibile descriverlo, se non per sommi capi.
Era solito, incontrando qualcuno per la prima volta, parlare di dettagli intimi della sua vita riguardo abitudini in cucina o al bagno, preferenze letterarie e artistiche, etc. "Voglio che la gente mi conosca davvero, prima di avere a che fare con me" mi disse quando gli chiesi il perchè di questo suo comportamento. "E' l'unico modo per farsi amici sinceri. Non mi va di essere ferito da qualcuno che consideravo vicino".
Aveva davvero pochi amici. Il solo che stesse davvero sempre con lui ero io; per il resto, aveva sporadiche corrispondenze con professori di varie università del mondo.
Sono stato svegliato in piena notte da una telefonata: "Venga, il suo amico è grave". Nessuna spiegazione ulteriore, a parte un indirizzo che non mi diceva nulla: ma, arrivato lì, ho compreso. Villa Malerba, una clinica psichiatrica. Era dunque da lì che mi scriveva ultimamente?
Si è spento poco dopo il mio arrivo, dandomi le chiavi del suo appartamento.
Sul tavolo di casa sua - un monolocale di trenta metri quadri, con niente a parte un vecchio computer, un letto e il comodino - ho trovato un foglio, nel quale mi spiegava cos'era successo e dov'erano le sue poesie.
Ha scritto che avrei potuto farne quello che volevo, che erano di nessun valore, e che comunque erano l'unica cosa che avrebbe lasciato. L'appartamento era in affitto. La sua pensione d'invalido - scoprivo allora questo dettaglio della sua vita - sarebbe andata via con lui.
Io ho deciso di mettere qui le sue poesie. Giudicate la mia scelta come vi pare.
Sono senza titolo, come pure senza titolo è il loro insieme, e tuttavia mi è sembrato di ravvisarlo nel suo incipit preferito di ogni discorso: "Personalmente, io...". Le poesie invece non mi sono sentito di titolarle, e le ho semplicemente numerate, aggiungendovi in calce ad ognuna le ultime parole che mi disse prima di lasciare questo mondo: <<Good night and good luck>>.
La sua vita è stata travagliata, credo soprattutto da un fatto che vive in sottofondo alle sue poesie, e che tuttavia non nomina mai esplicitamente. Ignoro di cosa si tratti (nel foglio è chiamato solo "un grave evento personale"), come ignoro chi sia l'altro a cui si rivolge spesso.
Non posso fare altro che riportare qui l'unica testimonianza della sua vita, pubblicandole una per una, fino alla tremenda epigrafe finale.

A presto,
Cosimo.

Personalmente, io...
Poesie di
Scapolo Simmati
a cura di Cosimo Plasmati

I. - XVII.

[Omissis]

Good night and good luck.
Scapolo Simmati

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Credo sia opportuno fare una pausa.
La pubblicazione di queste poesie non è stata un fatto "neutro", senza complicazioni per così dire: sono scritti forti, esasperati, deflagranti. Non usano mezzi termini e vanno dritto al centro della questione.
Le ultime, in particolare, sembrano riferirsi al fatto che Scapolo abbia esternato le sue impressioni circa quello che gli è successo, attirandosi numerose (o forse poche, ma molto forti) critiche.
Quello che mi ha scritto Valeria, in effetti, non è peregrino: non si può pretendere di cambiare la testa alla gente.
E' difficile, però, capire cosa abbia voluto dire davvero il mio amico: quello che posso fare è tentare un'esegesi sommaria.
Credo che, nell'ultima poesia (quella incriminata), si riferisca al fatto che ogni gradino del proprio avanzamento spirituale e, in generale, ogni conquista personale (ivi comprese le buone azioni... non sappia la tua mano destra ciò che ha fatto la sinistra) vada compiuto per se stessi e senza sbandierarlo. Un esempio: ho letto "Guerra e pace", ma non vado in giro a dire di essere un fine intenditore del romanzo russo di fine Ottocento, oppure: ho fatto un favore a un amico, ma non vado in giro a dire di essere un santo. E non mi dite che non conosciamo gente che fa così; ce n'è a pacchi, e anche molto vicina a noi.
Per quanto riguarda le sue poesie in generale: Scapolo era evidentemente, quando ha scritto queste poesie, molto scosso da qualcosa e da qualcuno che lo ha sbalordito così tanto da costringerlo ad elaborare queste che, più che invettive, sono riflessioni di ordine morale fatte "in negativo", che parlano cioè del contrario di ciò a cui lui ha assistito.
Non era affatto un "missionario", anzi piuttosto se ne fregava abbastanza degli altri. Questo fatto, quale che sia, deve averlo però messo con le spalle al muro, tanto da fargli scavare dentro di sè fino ad arrivare alla definizione di questi "minima moralia" che, secondo lui, sono imprescindibili, e che io credo di poter riassumere in pochi concetti chiave: onestà intellettuale, fiducia, compassione e empatia. Queste, mi pare, sono le chiavi ricorrenti delle sue poesie.
Poi, ambasciator non porta pena.

Cosimo

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Personalmente, io...
XVIII - XXVIII
[Omissis]

Good night and good luck.
Scapolo Simmati.

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