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domenica 15 gennaio 2012

Repost: Si comincia davvero: Il taccuino del Signor Sakamoto / 1-02-2010

La memoria del Signor Sakamoto

Mipis L. Sakamoto si alza dal letto, fa le abluzioni quotidiane impostegli dal monaco di sua fiducia per allontanare gli spiriti maligni, prende dalla sua scarsa cucina un contenitore di legno con glifi incisi in argento e lo apre, inalando l’aroma che ne fuoriesce. È una polvere ricavata dalla corteccia di un albero che cresce solo nelle pianure centrali della Cina. “Inspiralo per tre volte quando il sole sorge, e per altre tre quando il sole tramonta” gli ha consigliato il monaco. E il signor Sakamoto obbedisce, e si sente subito meglio. Con questa precauzione, i suoi bronchi saranno sempre sgombri da muco e più resistenti allo smog.
Del resto, in una città come Osaka, c’è poco da stare allegri. La gente cammina con le mascherine, i pochi temerari che non le indossano sono, come lui, fortunati ad avere protezioni così efficaci – e anche, pensò con un sorrisetto, costose – come le sue.
Il Signor Sakamoto richiuse la guarnizione ermetica del contenitore e si apprestò a fare colazione. Da un bacino in pietra preleva un cubetto di ghiaccio e lo pone in un bicchiere, poi esce in balcone, dove strappa ora da una pianta ora da un’altra una foglia, un rametto, un pezzo di radice. Sciacqua il tutto e comincia a pestarlo in un mortaio di legno, con un pestello di ferro dolce, intonando un canto propiziatorio.
La sua voce sveglia Yichio. <<tesoro, devi per forza cantare a voce così alta a quest’ora?>> Sakamoto fa finta di non sentirla, tuttavia abbassa un po’ il volume, e versa le erbe triturate nel bicchiere dove il cubetto di ghiaccio ha appena cominciato a sciogliersi. Il profumo è sublime, ma è solo un assaggio di quello che sarà la sua colazione. Dallo stesso bacino del ghiaccio, scavando appena con le punte delle dita afferra una bottiglietta di vetro che contiene un liquido bianco, semitrasparente. Latte di soia. Un mugolio di soddisfazione invade la gola del signor Sakamoto, che continua a cantare. Gli viene in mente una canzone degli Stones, ma non può farsi distrarre, o gli influssi negativi avranno la meglio sulla lunga giornata di lavoro che comincerà fra tre ore. Uno dopo l’altro snocciola i nomi delle divinità benevole, chiedendo loro protezione, e alternando ogni cinque il nome di uno spirito malvagio, allontanandolo da sé. Yichio si rigira nel letto, sbuffando e ridacchiando tra sé. Si chiede quanto durerà quest’ultima mania del marito. Una volta era andato avanti per un anno senza avere contatti con nessuno a parte lei, convinto che per la purificazione dell’anima quella della pelle fosse altrettanto importante. Un altro monaco, un’altra fissazione: se non altro, questi continui cambiamenti portano sempre novità a letto, dove è sempre bello variare. Socchiude le palpebre e guarda per un microsecondo l’orario della sveglia. Santo cielo, può dormire almeno per altre due ore. Si raggomitola per bene nelle coperte e si lascia cullare dalla voce del marito, che in fin dei conti non canta così male.
Il latte di soia, mescolato con zucchero di canna prodotto a mano in una certa aziendina del Sud del Giappone, aromatizzato con le erbe appena raccolte e tritate, raffreddato da ghiaccio non tenuto in freezer - proibito usare attrezzature elettriche! Modificano il flusso energetico degli alimenti e delle persone! – è la colazione perfetta in quanto a proteine, calorie ed energia. Il Signor Sakamoto lo beve quasi goccia a goccia, lasciando che ogni sorsetto si diffonda sulla lingua, si spalmi per benino sulle guance, sotto la lingua, e si diluisca lentamente. Gli ci vogliono una buona ventina di minuti, dopo i quali è pronto per lavarsi i denti con una pasta preparata dal monaco in persona, che gli toglie completamente ogni sapore e gli lascia la bocca ruvida per buona parte della giornata. Ruvida, ma pura. Nient’altro che l’essenza della sua mucosa. Il Signor Sakamoto passa in rassegna le varie parti dell’apparato digerente, i vari strati, le proteine che sarebbero entrate in gioco nel distruggere e riassemblare quello che aveva appena ingerito, felice di non essere arrugginito. Roba da primo anno di università! Ma finchè lo ricordava, poteva stare tranquillo che il suo lavoro sarebbe stato di eccelsa qualità, come lo era sempre stato fino ad allora.
“Tenere la memoria in continuo esercizio” gli aveva anche raccomandato il solito monaco. “Deve provare, Sakamoto-san, a ricordare i più minuscoli dettagli di una giornata, di un’ora, di un minuto, perfino di una fugace impressione. Deve tentare di ricordare, in un momento casuale della giornata, un ricordo casuale. Per esempio, ora mi saprebbe dire quando è stata la prima volta in cui ha assaggiato del sashimi di gamberi?”
Sakamoto aveva dovuto ammettere di non ricordarselo. Ma da allora, la sua memoria era in continuo miglioramento. “La prima volta è stato il 18 febbraio del 1975. Mia madre lo cucinò per festeggiare il mio primo dente da latte caduto” aveva risposto dopo una settimana al monaco. Gli ci erano voluti giorni per recuperare quel primo ricordo, ma dopo aveva cominciato ad essere sempre più rapido. “cosa ha fatto quando è andato per la prima volta in aeroporto?”
“Ho preso un caffè italiano e l’ho subito sputato perché era troppo amaro, poi sono rimasto seduto al check-in per 36 minuti, dopodiché mi sono alzato e ho urtato per sbaglio un’anziana signora, che mi ha imprecato contro. Io le ho chiesto scusa e l’ho aiutata a rialzarsi, poi sono salito in aereo. Era il 31 marzo del ’94, stavo andando a Melbourne per un viaggio di studio”. Questa volta, dopo mesi di allenamento, la risposta era venuta quasi spontanea. “Di che colore erano gli abiti della signora?” aveva chiesto il monaco. “Aveva un kimono a fantasia floreale verde e rosso. Portava una borsetta dorata, con un fermaglio a forma di farfalla blu. Ricordo che pensai
che era una vera schifezza.”
Anche stavolta, mentre faceva colazione, il Signor Sakamoto pensò a un ricordo casuale. Fissò distratto il calendario, scelse un giorno e un anno a caso. Il 22 novembre del ’96. Che stava facendo?
Era il suo quarto anno di lavoro. Novembre, quindi dopo le vacanze in Cina o dopo quelle in Nuova Zelanda? No, no, erano quelle in America. Era stato in vacanza a Miami.
Tornato, aveva ripreso gli studi su quella sezione del genoma, quella del carcinoma… no, quella del Parkinson, era quella del Parkinson. E aveva già messo gli occhi su Himiwari, la bella Himiwari che poi gli era stata soffiata da Kuro. Quel giorno le aveva offerto il caffè, poi si era accorto che non aveva spiccioli, aveva rimediato solo una figuraccia. Dunque… un ricordo a caso… cos’aveva mangiato quella sera? Polpette di riso, sushi di trota, sakè di marca scadentissima, e acqua di rubinetto. Beh, il suo stipendio era quello che era… una manciata di centinaia di yen.
Riapre gli occhi, emergendo dal ricordo, e davanti a sé si ritrova Yichio davanti. Sobbalza facendo cadere un bel po’ di latte di soia. <<ma che… Yichio. Quando la smetterai di disturbarmi durante gli esercizi di memoria? Mi servono ad ampliare lo spirito per renderlo più capace di captare gli spiriti benefici. Lo sai che se mi fai prendere questi spaventi non vado avanti>>
<<sei fissato>> gli dice lei in un risolino soffocato. <<diventerai un paranoico>>
“non è questo” vorrebbe dirle Sakamoto, “è che da quando questo monaco me l'ha fatto notare, mi sono accorto di quanto della mia vita si fosse disperso, di quanto la mia visuale si fosse ridotta. Finivo per ricordare solo le cose che mi erano successe da poco, non riflettevo più su quello che stavo facendo. I ricordi si erano così sedimentati che si erano trasformati in meccanismi acquisiti, che non mettevo più in
discussione. E piano piano stavo perdendo il senso dell'io. Da quando faccio questi esercizi mi sento più capace di amarti, perché non dò la tua presenza per scontata”.
Sakamoto vorrebbe dirle questo, trascinarla in una discussione sull'essenza della memoria, del tempo, dell'io, ma si rende conto guardandola che preferisce conservare, di questo momento, il ricordo degli occhi dolci e un po' assonnati di lei che mangia latte e cereali, passandosi la mano tra i capelli ogni tanto per sentire se i nodi che di lì a poco dovrà pettinare sono ancora lì. Si, sono ancora lì, purtroppo. Sbuffa e rituffa il cucchiaio nel latte, e sbrodola un po'. A Sakamoto-san quel rumore, quella goccia di latte colata dalle labbra, che lei sta per asciugare con un tovagliolo, sembra la cosa più sensuale del mondo. La previene baciandola proprio lì dov'è scivolata la goccia, e poi più su, il cucchiaio tintinna sul tavolo, la signora del piano di sotto sente una risata cristallina, la giornata del signor Sakamoto è ancora tutta da cominciare e da vivere.

Alla prossima
Grillo Sognatore

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