Pagine

lunedì 9 gennaio 2012

Repost: Sine nomine / 28-09-2007 e Poesie / 01-10-2007

[Nota attuale: per risparmiare tempo e spazio ho fuso due post in uno, perchè sono uno il commento dell'altro]

Sine nomine (28/09/2007)

In attesa di tornare a Bologna vi propongo una poesia di un grande poeta, Mario Luzi, così, nuda, perché è troppo bella.

Di che è mancanza questa mancanza,
                                                       cuore
che a un tratto ne sei pieno?
di che? Rotta la diga
T'inonda e ti sommerge
la piena della tua indigenza...
                                            Viene,
forse viene,
                  da oltre te
                                   un richiamo
che ora perchè agonizzi non ascolti.
Ma c'è, ne custodisce forza e canto
la musica perpetua... ritornerà...
 
Mario Luzi, 1999

Grillo Sognatore

Poesie (1/10/2007)

Un mio personale commento alla poesia di Mario Luzi.
Luzi esordisce in maniera propompente: "Di che è questa mancanza/ cuore?"; è questa, secondo me, la chiave di lettura della poesia, la mancanza che ciascuno di noi avverte quando realizza la vanità delle cose e il bisogno di aggrapparsi a qualcosa di altro che dia loro un senso: l'indigenza del cuore altro non è che la sua povertà di fronte alla realtà, che lo sommerge facendolo rendere conto che nulla ha valore se non si ascolta il "richiamo" che viene da oltre noi, che perchè agonizziamo non sentiamo.
Quell'agonia di cui Luzi parla è proprio il sentimento della nullità, che rischia di soffocarci non facendoci sentire la bellezza della vita; eppure c'è, anche se noi non lo sentiamo: la musica perpetua, ovvero il fluire delle cose, ne custodisce forza e canto(intensità e significato).

Bene, ora per stemperare, per passare diciamo così da un livello alto ad uno basso passiamo ad una delle mie.

COMPAGNI DI VIAGGIO

Una ragazza, una vecchia conoscenza
seduta nell’autobus
la borsetta stretta tra le mani
e un ombrello
che ora non serve
guarda fuori la strada che corre
tanti anziani
felici e un po’ presi dalle abitudini
aspettano, ingannano il tempo
appesi alle sbarre
non parla nessuno, nel silenzio
si sente il vibrare del motore
e i cicalecci della città;
l’autista siede indifferente e guida
forse pensa alla cena
o a sua moglie
che vuole fare l’amore
stasera si ride!
Ma questa è la mia fermata
scendo e scendono con me
la ragazza ed una signora
le porte si aprono e con loro le
orecchie
addio, o arrivederci,
cari compagni di viaggio.

Questa è la seconda poesia di "Liriche cittadine", la prima era "Matera" ma non l'ho postata.
"Liriche cittadine" mi piace molto di più delle altre raccolte perchè si concentra di più su un problema specifico, Quello di come appunto sia possibile fare della lirica sulla città.
Lirica è, come ho detto un po' di tempo fa, il sentimento dell'universale nel particolare: riconoscere l'infinito nel piccolo. Il problema era proprio questo: si può o non si può?
Quello che mi piace di questa raccolta è che scrivendola sono cresciuto, ho modificato il mio punto di vista sulla questione: mentre all'inizio ho detto subito "NO", bello secco ("Matera", infatti, è molto pessimista), piano piano ho dovuto ricredermi e ho dato altre risposte che... vabbè, non vi anticipo perchè preferisco farvi leggere il tutto come un "work in progress".

Alla prossima!
Grillo Sognatore

Nessun commento:

Posta un commento