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venerdì 3 febbraio 2012

Repost: La mia avventura teatrale: Parte II / 04/06/2011

Parte II
Un Cavaliere senza macchia e senza paura
o
Dell'importanza di essere (dis)onesti

Il mio ruolo all'interno della Locandiera era quello del Cavaliere di Ripafratta: un uomo che odia il genere femminile perchè lo ritiene fonte di tutte le disgrazie, corruttore degli animi e capace solo di manovre subdole per ottenere ciò che vuole, in pratica uno strumento del demonio in terra. E ha fottutamente ragione: perchè gli capiterà davanti proprio l'incarnazione di tutti questi mali, nella figura di una sola ed unica donna, Mirandolina, che gli prenderà il cuore e lo userà come un giocattolino, per poi gettarlo quando rischierà di farsi male.
E non è nemmeno interessata: non cerca il suo denaro o dei titoli o chissàchè; no, lo fa per scommessa con se stessa. Quindi un atto di male gratuito, una bastardata dall'inizio alla fine. Mirandolina, a dispetto del suo nome così grazioso, è proprio una stronza.
E qui viene il problema: cioè io non solo non avevo mai recitato, ma ero anche completamente in disaccordo con le concezioni del personaggio. E allora mi direte: "ma perchè ti sei deciso a fare questo ruolo?".
Potrei rispondervi in molti modi: perchè volevo sperimentarmi; perchè non c'era nessun altro disposto a farlo; perchè ero la persona giusta per quel ruolo a dispetto di quello che ne pensavo; ma sarò completamente sincero, e vi dirò che mi ci sono trovato invischiato. E cioè: all'inizio non avevo la minima idea di quello che stavo facendo. Mi sembrava naturale che, dato che io ed Ilaria avevamo creato il progetto, prendessimo per noi i ruoli principali. Lei fu d'accordo, e quindi io mi sciroppai il Cavaliere. Ma della trama e del testo della Locandiera non avevo che vaghi ricordi da liceale, e quando mi misi a leggere il testo cominciarono a venirmi dei piccoli dubbi. "Ma siamo sicuri che potrò fare la parte di uno così stronzo, e che poi diventa il cagnolino di una donna che odiava?". Difatti non ce la potevo fare, all'inizio: ero un caso disperato. Ilaria e Matteo (il nostro Decano, che era il Marchese di Forlipopoli. Una persona squisita che non ringrazierò mai abbastanza) possono confermarlo: ho cominciato proprio come un pezzo di legno, non sapevo andare avanti se non ricordavo la battuta, e soprattutto quando dovevo dire qualcosa che non condividevo non riuscivo a tirarci fuori la minima emozione. Per di più, mi bloccava il fatto di prendere così confidenza con i corpi degli altri: dovevo spintonarli e tirarli, e non mi veniva per niente naturale. Insomma, più di una volta sono stato tentato all'inizio di rinunciare al mio ruolo e prendermene uno secondario. Non l'ho fatto solo perchè comunque mi piaceva essere sempre al centro della scena (il mio egocentrismo maledetto!) e anche perchè comunque credevo sempre di star preparando uno spettacolo di livello infimo, quindi anche se avessi recitato alla cacchio nessuno mi avrebbe detto niente.
Ma con il passare dei mesi cominciai a prenderci gusto, e piano piano qualche singolo pezzettino mi venne bene, diciamo il 10%. A fronte di un 90% che non mi riusciva per niente, però, mi posi seriamente la questione, perchè nel frattempo erano successe due cose: innanzitutto avevo capito che stavamo puntando a un livello di recitazione medio-buono, e poi già per l'impreparazione un po' di tutti avevamo rimandato. Non volevo che per colpa mia dovessimo rimandare ancora o mettere su una cosa arrabattata. Quindi chiesi formalmente di cambiare.
Ma, sorprendentemente, tutti rifiutarono! E perchè? Perchè dissero che, in quel 10% di buono che avevo fatto, c'era l'essenza del mio personaggio, e che si trattava di estenderla al resto. Insomma, mi dettero una bella siringata di ottimismo. E da quel momento in poi effettivamente, con l'aumentare della fiducia in me stesso, mi resi conto che tutto è possibile: finchè non mi successe, durante le prove, di fare una certa scena in maniera così naturale che mi sentii davvero come se la stessi vivendo e non come se di fronte a me avessi le sedie del pubblico. Allora capii che dovevo continuare così. E arrivai perfino ad improvvisare sulla scena, durante lo spettacolo: avevo dimenticato completamente il mio monologo, e me ne uscii fuori con una sparata che fu utilissima e sbloccò la situazione. Ma questo ho deciso che lo racconterò a parte perchè è un aneddoto troppo gustoso.

Intanto, con questo credo di aver esaurito la seconda annosa questione.

Alla prossima
Grillo Sognatore

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