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mercoledì 30 aprile 2014

In trappola

[N.b. Questo post non ha un gran filo logico. Va letto come un puro sfogo, una pagina di diario in senso stretto. Ogni tanto fa bene anche andare a briglie sciolte]

Se c'è una sensazione che non ho mai sopportato, è quella di sentirsi in trappola.
La trovo più fastidiosa, più insidiosa e dolorosa della paura, dell'angoscia, della tristezza.

Poi arriva un momento in cui ti senti così inutile, ma così inutile, che ti metti a fare la cosa più inutile di tutte: scrivere. E allora d'improvviso ti sembra di stare risolvendo il problema più difficile del mondo, quello della mancanza di senso. Quindi continui a scrivere, e continui ad oltranza; ad un certo punto ti sembra di stare dicendo troppo, ma tu continui lo stesso, quasi pressato da un'urgenza di trovare il fondo del discorso che stai facendo, sapendo bene che il fondo non c'è, che puoi continuare a scavare all'infinito, e quando sarai stanco di spalare gratterai il terreno con le mani, e quando anche le mani saranno stanche lo scaverai con gli occhi e con l'immaginazione, immaginando di andare più a fondo, di scoprire cosa c'è ancora.
Arrivi ad un punto in cui ti sembra che stiano per finire le parole, ma quelle continuano ad arrivare senza sosta, frase dopo frase e paragrafo dopo paragrafo. Poi, quando sei stanco, esausto, quasi avessi fatto una lunga marcia nel deserto, posi la penna, senza smettere di pensare a quello che avresti voluto dire ancora. Ti prendi una necessaria pausa, con la paura in sottofondo di non riuscire più a riprendere. Come se da quel lavoro, da quello scrivere, dipendessero le sorti del mondo, o perlomeno le tue.

Questa è una parte del piacere della scrittura: rinascere dalla disperazione.

Alla prossima
Grillo Sognatore

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